FORMIA (LATINA) – “Giustizia per Francesco. Sostenere la verità sulla sua morte”. Con queste parole, cariche di dolore ma anche di una ferma determinazione, la famiglia di Francesco Valeriano, un detenuto di 45 anni originario di Formia, ha lanciato un appello pubblico attraverso i social network. Un appello che si è concretizzato in una raccolta fondi per far luce su una morte avvenuta in circostanze ancora da chiarire, dopo un presunto pestaggio subito all’interno del carcere di Rebibbia a Roma.

La vicenda di Francesco Valeriano è una storia tragica che si è consumata nel silenzio di una cella e nel labirinto di strutture sanitarie. L’uomo è deceduto il 10 dicembre scorso presso l’ospedale di Tor Vergata, a Roma, al termine di un calvario durato quasi sei mesi, segnato da un coma profondo e da travagliati periodi di riabilitazione. La causa scatenante, secondo quanto denunciato dai familiari, sarebbe una “brutale aggressione” avvenuta il 30 giugno mentre era ristretto nel penitenziario romano.

UN CALVARIO LUNGO SEI MESI

Francesco Valeriano, conosciuto a Formia come “Fracichiello”, era un cameriere e dj. Era stato arrestato ad aprile per atti persecutori nei confronti dell’ex moglie e stava scontando una condanna a due anni e mezzo. Dopo un primo periodo di detenzione nel carcere di Cassino, era stato trasferito a Rebibbia da circa due settimane quando è avvenuto il pestaggio. Rinvenuto agonizzante in cella, fu trasportato d’urgenza al Policlinico Umberto I, dove i medici riscontrarono gravissime lesioni cerebrali che lo portarono al coma e richiesero una tracheotomia. Da quel momento è iniziato un lungo percorso tra diverse strutture sanitarie, tra cui una clinica privata a Monte Compatri, fino all’ultimo, fatale ricovero a Tor Vergata.

L’APPELLO DELLA FAMIGLIA E LA RACCOLTA FONDI

Di fronte a un muro di silenzio e a indagini secretate, la famiglia, assistita dall’avvocato Antony Lavigna, ha deciso di non arrendersi. “La nostra famiglia sta affrontando un caso critico: la morte di Francesco Valeriano, avvenuta dopo una brutale aggressione nel carcere di Rebibbia e mesi di gestione sanitaria frammentata”, si legge nel messaggio diffuso sui social dalla sorella. La richiesta è chiara: ottenere le risorse economiche necessarie per garantire un percorso legale solido e indipendente.

L’obiettivo della raccolta fondi, come specificato nell’appello, è quello di coprire una serie di costi cruciali per l’accertamento della verità:

  • Spese legali: Per assicurare una rappresentanza legale competente e agguerrita in tutte le fasi del procedimento.
  • Perizie tecniche indipendenti: Per ottenere valutazioni imparziali da parte di esperti che possano analizzare le dinamiche dell’aggressione e le eventuali responsabilità.
  • Analisi medico-legali aggiuntive: Per approfondire le cause del decesso, in aggiunta all’autopsia già disposta dalla Procura di Roma.
  • Attività investigative: Per costruire un dossier completo e solido da presentare in sede giudiziaria.

“Ogni contributo accelera la nostra causa, potenzia la strategia e permette alla famiglia di sostenere un processo di verità”, continua il post, sottolineando come questa battaglia non riguardi solo il loro caro. “La posta in gioco non riguarda solo Francesco: riguarda il principio di tutela dei cittadini sotto custodia statale. Chi partecipa diventa un sostenitore di un percorso di giustizia che oggi non può restare incompiuto”.

L’INCHIESTA E LE REAZIONI

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo d’inchiesta, inizialmente per lesioni gravi e ora per morte come conseguenza di altro delitto, e ha disposto l’autopsia sul corpo di Valeriano. La famiglia ha sporto a sua volta una querela contro ignoti. L’indagine dovrà fare luce su molti punti oscuri: chi sono i responsabili del pestaggio, perché è avvenuto e se ci sono state falle nel sistema di vigilanza del penitenziario.

Il caso ha suscitato reazioni anche a livello politico e sindacale. La senatrice Ilaria Cucchi ha dichiarato: “Francesco Valeriano e la sua famiglia sono stati abbandonati. Alla sofferenza, a un calvario durato sei mesi, alla morte”. Anche l’Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, ha definito la vicenda “una sconfitta per tutti”, sottolineando come la morte di un detenuto in seguito a un’aggressione rappresenti “una sconfitta dello Stato e del sistema penitenziario nel suo complesso”.

La morte di Francesco Valeriano riaccende drammaticamente i riflettori sulla cronica emergenza delle carceri italiane, sollevando ancora una volta interrogativi urgenti sulla sicurezza, la tutela della salute e il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti.

Di veritas

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