Donald Trump è tornato a parlare di uno dei dossier più complessi e spinosi della sua presidenza: i rapporti con l’Iran. Con una dichiarazione tanto sintetica quanto densa di implicazioni, l’ex presidente degli Stati Uniti ha affermato: “All’Iran vorrebbe fare un accordo con me“. Ha poi aggiunto un dettaglio cruciale: “Eravamo abbastanza vicini a un accordo con l’Iran prima dell’attacco. Avrebbero potuto avere un’intesa ma hanno perso l’occasione“. Queste parole, cariche di significato, riaprono una finestra su una fase di alta tensione diplomatica e offrono spunti di riflessione sul presente e sul futuro delle relazioni tra Washington e Teheran.

Il Contesto: Una Storia di Ostilità e Negoziati

Per comprendere appieno la portata delle dichiarazioni di Trump, è necessario fare un passo indietro e ripercorrere le tappe salienti della sua politica verso l’Iran. Fin dalla campagna elettorale, Trump ha criticato aspramente l’accordo sul nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), firmato nel 2015 dall’amministrazione Obama insieme a Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Germania e Unione Europea. Questo accordo prevedeva la limitazione del programma nucleare di Teheran in cambio di un alleggerimento delle sanzioni economiche.

Nel maggio 2018, mantenendo una delle sue principali promesse elettorali, Trump ha ritirato unilateralmente gli Stati Uniti dal JCPOA, definendolo “il peggior accordo della storia”. A questa mossa è seguita l’imposizione di sanzioni durissime, con l’obiettivo di esercitare una “massima pressione” sull’economia iraniana. La strategia, secondo l’amministrazione Trump, mirava a costringere l’Iran a negoziare un nuovo accordo, più stringente, che non si limitasse al nucleare ma includesse anche il programma missilistico e il suo ruolo destabilizzante nella regione mediorientale.

Quale “Attacco”? Le Ipotesi sul Tavolo

La dichiarazione di Trump menziona un “attacco” che avrebbe fatto saltare i negoziati. Sebbene l’ex presidente non abbia fornito dettagli specifici, è possibile formulare alcune ipotesi basate sugli eventi di quel periodo. La tensione tra i due paesi ha raggiunto il suo apice in diverse occasioni. Un momento di crisi acuta si è verificato nel giugno 2019, quando l’Iran ha abbattuto un drone di sorveglianza americano. In quell’occasione, Trump ha rivelato di aver annullato un attacco di ritorsione all’ultimo minuto per evitare vittime.

Un altro evento di portata ancora maggiore è stato l’assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso da un raid aereo statunitense a Baghdad nel gennaio 2020. Questa azione ha portato i due paesi sull’orlo di una guerra aperta, con l’Iran che ha risposto lanciando missili contro basi americane in Iraq. È plausibile che Trump si riferisca a uno di questi episodi, o a una serie di eventi che hanno avvelenato il clima e reso impossibile proseguire sulla via diplomatica.

Recentemente, nel contesto di una rinnovata escalation tra Israele e Iran, Trump ha esortato Teheran a raggiungere un accordo “prima che non rimanga nulla”, in seguito a massicci attacchi israeliani contro il programma nucleare iraniano. In queste circostanze, ha ammesso di essere stato a conoscenza dei piani israeliani e ha affermato che gli Stati Uniti non hanno avuto un ruolo diretto negli attacchi. Queste nuove tensioni e le dichiarazioni di Trump suggeriscono che i canali di comunicazione, seppur fragili, potrebbero essere ancora aperti.

La Strategia della “Massima Pressione”: Successo o Fallimento?

L’approccio di Trump verso l’Iran è stato un netto ribaltamento della politica di dialogo inaugurata da Obama. La scommessa era che le sanzioni e l’isolamento avrebbero spinto il regime al collasso o, in alternativa, a implorare un nuovo accordo alle condizioni americane. A distanza di anni, il bilancio di questa strategia è oggetto di dibattito.

  • Da un lato, le sanzioni hanno indubbiamente danneggiato gravemente l’economia iraniana.
  • Dall’altro, non hanno portato al crollo del regime né a un nuovo accordo. Anzi, in risposta al ritiro americano dal JCPOA, l’Iran ha progressivamente violato i limiti imposti dall’accordo, accelerando il suo programma di arricchimento dell’uranio.

Molti analisti sostengono che la politica di “massima pressione” abbia indebolito le forze moderate in Iran, rafforzando al contempo l’ala più conservatrice e ostile al dialogo con l’Occidente. Inoltre, ha creato una frattura significativa tra gli Stati Uniti e i loro alleati europei, che hanno sempre difeso la validità del JCPOA.

Il Futuro del Dossier Nucleare Iraniano

Oggi, il destino dell’accordo sul nucleare è più incerto che mai. I negoziati per un ritorno degli Stati Uniti all’accordo, avviati dall’amministrazione Biden, si sono arenati. Nel frattempo, l’Iran ha dichiarato formalmente scadute le restrizioni del patto del 2015, ritenendosi libero di sviluppare il proprio programma nucleare e missilistico senza vincoli. Le recenti dichiarazioni di Trump si inseriscono in questo quadro complesso. Potrebbero essere interpretate come un tentativo di rivendicare un successo diplomatico mancato o come un segnale, in vista di una possibile ricandidatura, di una sua disponibilità a riaprire un canale di dialogo con Teheran. Quel che è certo è che la questione iraniana rimane una delle principali sfide per la stabilità del Medio Oriente e per la sicurezza globale, un nodo gordiano che la diplomazia internazionale non è ancora riuscita a sciogliere.

Di atlante

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