Roma – Il governo Meloni guarda al 2026 come l’anno della svolta per la pressione fiscale sul ceto medio, con l’ambizioso obiettivo di estendere il taglio dell’Irpef ai redditi fino a 60mila euro. A tracciare la rotta è il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, che, intervenendo alla kermesse di Fratelli d’Italia, Atreju, ha delineato i prossimi passi della riforma fiscale, legandoli a doppio filo con la congiuntura economica nazionale ed europea.

La promessa: Irpef più leggera per il ceto medio

“Stiamo procedendo gradualmente e spero che nel 2026, uscendo dalla procedura di infrazione, questo rappresenterà uno stimolo pure per riuscire a fare ulteriori interventi”, ha dichiarato Leo, confermando la volontà dell’esecutivo di proseguire sulla strada della riduzione delle tasse. L’obiettivo dichiarato è quello di “abbracciare anche quella fascia 50-60mila”, portando l’aliquota per questi redditi all’attuale 33%. “Chi ha 60mila euro di redditi non è un ricco nababbo”, ha sottolineato il viceministro, definendo l’intervento un “obiettivo di legislatura”.

Questa mossa, se confermata, rappresenterebbe un alleggerimento significativo per una fetta importante di contribuenti. Secondo le prime simulazioni, un lavoratore con un reddito lordo di 60mila euro potrebbe beneficiare di un risparmio di circa 640 euro annui. Per chi guadagna 55mila euro, il beneficio si attesterebbe sui 540 euro, mentre con 51mila euro l’aumento netto in busta paga sarebbe di 440 euro. Si tratta di una proposta avanzata da tempo da Forza Italia e che era già apparsa in alcuni emendamenti alla legge di bilancio, poi respinti per mancanza di coperture finanziarie.

Le condizioni per la riforma: spread, interessi e procedura d’infrazione

Il viceministro Leo ha chiarito che la realizzazione di questo progetto non è un’ipotesi campata in aria, ma si fonda su segnali economici incoraggianti. “Partendo dal dato dello spread che è diminuito a 70 punti, dal fatto che pagheremo meno interessi e dovranno essere messi a servizio degli investimenti, si stanno ottenendo tutte le condizioni affinché si possa fare”, ha spiegato. La riduzione del differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi, infatti, si traduce in un minor costo del debito pubblico, liberando risorse preziose. Si stima un risparmio di 17,1 miliardi di euro in meno di interessi fino al 2029.

Un altro fattore cruciale è l’uscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivo da parte dell’Unione Europea. La Commissione Europea ha recentemente sospeso la procedura, certificando il rientro del rapporto deficit/Pil sotto la soglia del 3% già nel 2025, in anticipo rispetto alle previsioni. Una valutazione definitiva è attesa per la primavera del 2026, ma le prospettive positive consentono al governo di pianificare con maggiore ottimismo, recuperando margini di manovra e credibilità sui mercati.

Il contesto della Legge di Bilancio 2026

La manovra per il 2026, già in fase di definizione, si concentra su diversi interventi volti a ridurre la pressione fiscale e sostenere l’economia. Il fulcro è la riduzione della seconda aliquota Irpef, quella che riguarda i redditi tra 28mila e 50mila euro, che passerà dal 35% al 33%. Questo intervento interesserà una platea di circa 13,6 milioni di contribuenti. L’estensione fino a 60mila euro andrebbe a completare questo quadro, venendo incontro alle esigenze di quello che il segretario del Partito Liberaldemocratico, Luigi Marattin, ha definito “i veri muli da soma del Paese”, ovvero coloro che con redditi intorno ai 2.500 euro al mese pagano aliquote elevate.

Oltre all’Irpef, il governo sta lavorando anche su altre misure a sostegno delle imprese. Il viceministro Leo ha annunciato che l’iperammortamento diventerà una misura triennale, dal 2026 fino a settembre 2028, per dare stabilità e continuità agli incentivi per gli investimenti in innovazione.

Le sfide e le prospettive future

Nonostante l’ottimismo, la strada per la riforma fiscale non è priva di ostacoli. La necessità di trovare coperture finanziarie stabili rimane una priorità, come sottolineato dallo stesso Leo. Il dibattito politico resta acceso, con posizioni diverse anche all’interno della stessa maggioranza e critiche da parte delle opposizioni che parlano di “populismo fiscale” che favorirebbe i redditi più alti. Sarà fondamentale, quindi, che il governo riesca a bilanciare la volontà di ridurre le tasse con la necessità di mantenere i conti pubblici in ordine e di finanziare settori chiave come la sanità, per la quale sono comunque previsti stanziamenti aggiuntivi.

Il 2026 si preannuncia quindi un anno decisivo per la politica economica italiana. Le dichiarazioni di Maurizio Leo ad Atreju non sono solo una promessa, ma l’indicazione di una strategia precisa che, se le condizioni lo permetteranno, potrebbe portare a un significativo alleggerimento del carico fiscale per milioni di famiglie e lavoratori, con l’obiettivo di stimolare i consumi e sostenere la crescita economica del Paese.

Di veritas

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