Roma – La tensione nel mondo della ricerca italiana sale a livelli di guardia. I ricercatori precari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il più grande ente di ricerca pubblico del Paese, hanno dato vita a una clamorosa azione di protesta, occupando la sede centrale di Piazzale Aldo Moro a Roma. Dopo un primo accampamento simbolico con le tende allestito davanti all’ingresso, i manifestanti hanno deciso di portare la loro voce direttamente all’interno del palazzo, trasformandolo nel quartier generale di un’assemblea permanente che promette di andare avanti a oltranza. Con sacchi a pelo e determinazione, un gruppo di ricercatori si è insediato in una saletta sindacale, deciso a non muoversi “finché il governo non stanzierà le risorse necessarie alla stabilizzazione”.

Le ragioni della protesta: “La ricerca è accampata”

Al centro della mobilitazione vi è la richiesta, ormai non più procrastinabile, di un piano di stabilizzazione per le migliaia di lavoratori che da anni contribuiscono in modo determinante al progresso scientifico e tecnologico del Paese, vivendo però in una condizione di costante incertezza. “Senza un finanziamento nella manovra dedicato alla stabilizzazione dei precari, la ricerca è accampata: i nostri contratti stanno per scadere”, afferma con forza Antonio Sanguinetti, ricercatore precario dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del CNR e una delle voci più rappresentative della protesta. La sua denuncia è un grido d’allarme per l’intero sistema-Paese: “Vogliamo mandare un messaggio al Governo perché senza un intervento immediato l’Italia rischia di perdere migliaia di ricercatori, un inestimabile capitale umano”.

La situazione è aggravata dal ruolo cruciale che molti di questi ricercatori svolgono nell’ambito dei progetti finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). “Molti di noi lavorano grazie ai fondi PNRR, miliardi di euro che sono stati investiti per sostenere progetti e infrastrutture che senza ricercatori si trasformeranno in uno spreco di risorse”, sottolinea Sanguinetti. Un paradosso tutto italiano: da un lato, un’iniezione di fondi senza precedenti per rilanciare l’innovazione; dall’altro, il rischio concreto di disperdere il capitale umano necessario a mettere a frutto quegli stessi investimenti.

L’escalation dopo il rinvio dell’incontro con i vertici

A innescare l’occupazione è stato lo slittamento dell’incontro previsto per il 5 dicembre con il presidente del CNR, Andrea Lenzi. La riunione, rimandata al 10 dicembre, è stata vista dai sindacati e dai lavoratori come un segnale di scarsa attenzione. Secondo la Flc Cgil, “una data così a ridosso della chiusura della legge di bilancio” rende evidente “non solo la poca attenzione al personale precario, ma anche la chiara sottovalutazione di un problema che avrà effetti dirompenti sulle attività e sulle infrastrutture dell’intera rete scientifica dell’Ente”. Una critica netta che evidenzia l’urgenza di ottenere risposte prima che le decisioni finanziarie per il prossimo anno siano definitive.

Dal canto suo, la presidenza del CNR ha respinto le accuse di un rinvio ingiustificato, precisando in una nota di aver proposto “ben tre date possibili” e di aver identificato quella del 10 dicembre come l’unica in cui tutte le sigle sindacali avevano dato la loro disponibilità. L’Ente ha inoltre sottolineato che tale data è “perfettamente inserita nel quadro temporale utile” in vista di un successivo incontro al Ministero il 15 dicembre, ribadendo la massima disponibilità all’ascolto e al dialogo costruttivo.

Un fronte ampio a sostegno dei ricercatori

La protesta dei precari del CNR non è un’azione isolata. A dare coraggio ai manifestanti, provenienti da tutta Italia, è il crescente sostegno che sta arrivando da più parti. Numerose amministrazioni locali, tra cui i Comuni di Roma, Bologna, Pisa e Venezia, e Regioni come l’Umbria e la Calabria, hanno approvato mozioni a sostegno della stabilizzazione. Un segnale importante che testimonia come la perdita di ricercatori qualificati sia percepita come un danno non solo per la comunità scientifica, ma per l’intero tessuto sociale ed economico dei territori.

Anche il mondo politico segue con attenzione la vicenda. Elisabetta Piccolotti, deputata di Alleanza Verdi e Sinistra, ha lanciato un appello su Facebook: “Trentamila ricercatori rischiano di rimanere a casa se non si farà qualcosa. La manovra di bilancio è l’ultima chiamata per evitare un danno epocale al futuro e allo sviluppo del Paese”.

Il futuro della ricerca appeso a un filo

La protesta di Roma è la punta di un iceberg che riguarda l’intero sistema della ricerca pubblica italiana, afflitto da un sottofinanziamento cronico e da una cultura del precariato che mina le fondamenta del suo futuro. I ricercatori, molti dei quali non più giovani e con famiglie a carico, chiedono dignità e prospettive. L’occupazione del CNR non è solo la rivendicazione di un contratto stabile, ma una battaglia per il riconoscimento del valore strategico della conoscenza e dell’innovazione. Mentre i manifestanti si organizzano in turni per garantire un presidio permanente, gli occhi sono puntati sulla legge di bilancio e sulla volontà politica di trasformare le promesse in atti concreti, per evitare che l’Italia disperda una delle sue risorse più preziose: l’intelligenza.

Di davinci

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