WASHINGTON D.C. – In una mossa ampiamente anticipata ma non per questo meno significativa, la Federal Reserve ha deciso di tagliare i tassi di interesse per la terza volta nel corso del 2025. Il costo del denaro scende di un quarto di punto percentuale, assestandosi in una forchetta compresa tra il 3,50% e il 3,75%, il livello più basso degli ultimi tre anni. Tuttavia, dietro questa decisione si cela un quadro economico e politico complesso, caratterizzato da profonde divisioni interne al board della banca centrale, da previsioni contrastanti sulla crescita e da un’incertezza globale che tiene i mercati con il fiato sospeso.
Una Fed Spaccata: Colombe contro Falchi
La decisione non è stata unanime, evidenziando una spaccatura all’interno del Federal Open Market Committee (FOMC) che non si vedeva dal 2019. Nove membri hanno votato a favore della riduzione, ma tre si sono opposti. Due di questi avrebbero preferito mantenere i tassi invariati, preoccupati da un’inflazione che, secondo le stesse proiezioni della Fed, è destinata a rimanere ostinatamente sopra il target del 2% per i prossimi anni. Un terzo membro, Stephen Miran, nominato da Donald Trump, ha invece spinto per una riduzione più aggressiva di 50 punti base.
Questo dissenso riflette il delicato equilibrio che la Fed sta cercando di mantenere. Da un lato, le “colombe”, preoccupate per un indebolimento del mercato del lavoro, hanno prevalso, ottenendo un ulteriore stimolo monetario. Dall’altro, i “falchi”, che puntavano allo status quo a causa della corsa dei prezzi, vedono i loro timori confermati dalle stime sull’inflazione. Questa divisione interna, esacerbata dalla carenza di dati economici chiari a causa del recente shutdown governativo, rende il percorso futuro della politica monetaria americana particolarmente imprevedibile.
Le Prospettive per il 2026: Tra Ottimismo e Cautela
Nonostante il taglio, la Fed ha inviato un chiaro segnale di frenata per il futuro. Le nuove proiezioni, le cosiddette “dot-plot”, indicano che per il 2026 è prevista una sola ulteriore riduzione dei tassi di 25 punti base. Un rallentamento deciso rispetto ai sei tagli effettuati da quando è iniziato il ciclo di allentamento nel settembre 2024.
Questa cautela si accompagna però a una revisione al rialzo delle stime di crescita per l’economia statunitense. La Fed prevede ora un’accelerazione del PIL al 2,3% per il prossimo anno, in netto aumento rispetto all’1,8% stimato a settembre. Contemporaneamente, le previsioni sull’inflazione sono state leggermente ritoccate al ribasso, pur rimanendo sopra il livello di guardia. Il presidente Jerome Powell ha usato toni misurati, affermando che la politica attuale è “ben posizionata” per valutare i dati in arrivo, suggerendo una modalità “attendista”.
L’Ombra della Politica: Dazi e Successione alla Fed
A complicare ulteriormente il quadro ci sono fattori prettamente politici. L’amministrazione Trump continua a esercitare una forte pressione sulla banca centrale. Il Presidente ha definito il problema del carovita una “bufala”, nonostante i sondaggi indichino una crescente preoccupazione tra i cittadini. L’inflazione, però, è un tema centrale per la Fed, alimentata anche dagli effetti dei dazi commerciali, la cui legalità è ancora al vaglio della Corte Suprema. Un’eventuale abolizione di queste tariffe, se da un lato potrebbe raffreddare i prezzi, dall’altro creerebbe un buco nelle entrate statali necessarie a finanziare i tagli fiscali e a gestire il debito pubblico.
Come se non bastasse, la Fed opera sullo sfondo della corsa per sostituire lo stesso Powell, il cui mandato scade a maggio 2026. Trump ha già in mente un nome, ma la partita è ancora aperta. Il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, sta conducendo gli ultimi colloqui. Il favorito sembra essere Kevin Hassett, consigliere economico della Casa Bianca, ma i mercati lo guardano con scetticismo, temendo una sua eccessiva vicinanza al Presidente e, di conseguenza, una politicizzazione della Fed. La scelta, attesa per l’inizio del prossimo anno, renderà gli ultimi mesi di Powell ancora più complessi e delicati.
Uno Sguardo al Resto del Mondo: Europa e Cina
Le dinamiche economiche globali presentano un quadro altrettanto variegato.
- Europa: La Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha mostrato un cauto ottimismo, assicurando che i tassi attuali “vanno bene” e aprendo alla possibilità di una revisione al rialzo delle stime di crescita per l’Eurozona. Alcune analisi prevedono una crescita dell’1,2% nel 2026, sostenuta da un’inflazione in calo e da una domanda resiliente.
- Cina: Anche il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le previsioni per la Cina, con un PIL stimato a +5% per il 2025 e +4,5% per il 2026, grazie agli stimoli di Pechino e a tariffe sulle esportazioni più basse del previsto. Tuttavia, l’FMI avverte che la resilienza dell’economia cinese è messa a dura prova da squilibri interni, come la debole domanda dei consumi, e dalle persistenti tensioni commerciali globali che rendono la leva dell’export meno sicura per sostenere una crescita robusta.
In conclusione, la decisione della Fed di tagliare i tassi si inserisce in un contesto di profonda incertezza. Le divisioni interne, le pressioni politiche e un’economia globale che naviga a vista tra segnali di ripresa e rischi persistenti, delineano un percorso stretto e complesso per le banche centrali di tutto il mondo, costrette a bilanciare la lotta all’inflazione con la necessità di sostenere la crescita.
