Caracas – In un clima di crescente tensione diplomatica tra Venezuela e Stati Uniti, arriva netta e perentoria la chiusura del governo di Nicolás Maduro a qualsiasi tentativo di mediazione esterna, in particolare a quello proposto dal Panama. È stato Diosdado Cabello, Ministro degli Interni e considerato il numero due del chavismo, a respingere l’offerta, utilizzando parole durissime che non lasciano spazio a interpretazioni.

Le accuse di Cabello al governo panamense

Durante una conferenza stampa trasmessa dalla televisione di stato, Venezolana de Televisión, Cabello ha liquidato la proposta del governo guidato dal presidente José Raúl Mulino con un’accusa diretta e senza appello: “A Panama non c’è un governo, lì si fa quello che dicono gli Stati Uniti”. Con questa dichiarazione, il ministro venezuelano ha di fatto etichettato il paese centroamericano come una pedina nello scacchiere geopolitico statunitense, privo di autonomia decisionale e quindi inaffidabile come mediatore imparziale. “In nessun governo dovrebbe mediare con il suo popolo. Qui in Venezuela noi abbiamo molto chiaro quello che stiamo facendo”, ha aggiunto Cabello, sottolineando una presunta ingerenza negli affari interni del suo paese.

Le accuse non si sono fermate qui. Cabello ha inoltre rincarato la dose, definendo il Panama un “alleato dell’opposizione venezuelana”, suggerendo così una parzialità che renderebbe vana qualsiasi iniziativa diplomatica. Questa posizione riflette la narrazione consolidata del governo Maduro, che tende a inquadrare ogni critica o proposta esterna come parte di una più ampia strategia di destabilizzazione orchestrata da Washington.

Un contesto di relazioni complesse

La dura presa di posizione di Cabello si inserisce in un contesto di relazioni bilaterali e regionali estremamente complesse e deteriorate. I rapporti tra Venezuela e Panama hanno subito un duro colpo a seguito delle contestate elezioni presidenziali venezuelane del 2024. Il presidente panamense Mulino, infatti, aveva annunciato la sospensione delle relazioni diplomatiche e il ritiro del personale diplomatico, chiedendo una revisione completa dei risultati elettorali che hanno confermato Maduro al potere. Pur mantenendo aperti i canali consolari per ragioni umanitarie, legate soprattutto al massiccio flusso di migranti venezuelani, la mossa di Mulino ha segnato un punto di rottura significativo.

Dall’altra parte, le tensioni tra Venezuela e Stati Uniti sono ai massimi storici. L’amministrazione di Donald Trump ha intensificato la politica di “massima pressione” iniziata in precedenza, con un inasprimento delle sanzioni economiche, in particolare contro il settore petrolifero, e il dispiegamento di forze militari nell’area caraibica con la motivazione ufficiale di contrastare il narcotraffico. Caracas, dal canto suo, interpreta queste azioni come una “minaccia” diretta e il preludio a un’invasione militare.

Il peso della ricompensa su Cabello

Un elemento personale che aggiunge ulteriore acredine alle dichiarazioni di Diosdado Cabello è la pesante accusa che pende su di lui da parte della giustizia statunitense. Il Dipartimento di Stato americano offre una ricompensa fino a 25 milioni di dollari per informazioni che portino al suo arresto o alla sua condanna. Le accuse sono gravissime e includono la presunta partecipazione a una cospirazione narcoterrorista legata al cosiddetto “Cártel de Los Soles”. Washington accusa Cabello, insieme ad altre alte cariche del governo Maduro, di utilizzare la propria posizione per facilitare il traffico internazionale di cocaina, anche in collaborazione con gruppi come le FARC. Questa situazione, ovviamente, rende qualsiasi dialogo diretto tra Cabello e le autorità statunitensi, o i loro presunti alleati, estremamente improbabile e carico di ostilità.

La crisi venezuelana e l’isolamento internazionale

La vicenda della mediazione panamense è solo l’ultimo episodio di una crisi, quella venezuelana, che ha profonde radici economiche, sociali e politiche. Il paese, un tempo uno dei più ricchi del Sud America grazie alle sue immense riserve petrolifere, vive da anni una situazione drammatica, caratterizzata da iperinflazione, penuria di beni essenziali e un esodo di massa che ha visto milioni di cittadini lasciare il paese. Sul piano internazionale, il governo Maduro si trova sempre più isolato, sostenuto principalmente da alleati storici come Russia, Cina e Iran, mentre gran parte del mondo occidentale e dei paesi latinoamericani ne contesta la legittimità. La chiusura alla proposta di Panama non fa che confermare la linea di resistenza del governo venezuelano, che rifiuta ogni soluzione che non passi dal riconoscimento della propria sovranità e autorità.

Di atlante

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