Bangkok – Una crisi umanitaria di vaste proporzioni si sta consumando al confine tra Thailandia e Cambogia, dove oltre 400.000 cittadini thailandesi sono stati evacuati dalle loro case a causa dell’intensificarsi degli scontri militari. Lo ha confermato il Ministero della Difesa di Bangkok, sottolineando la gravità della situazione e la necessità di proteggere la popolazione civile da quella che è stata definita “una minaccia imminente per la loro sicurezza”. Anche le autorità cambogiane hanno riportato l’evacuazione di oltre 100.000 persone dalle province di confine.
Le radici di un conflitto decennale
La tensione tra i due Paesi del Sud-est asiatico non è un evento improvviso, ma l’ultimo capitolo di una lunga e complessa disputa territoriale. Il cuore del contendere risiede nella demarcazione del confine di circa 800 chilometri, tracciato durante il periodo coloniale francese all’inizio del XX secolo e mai pienamente accettato da entrambe le parti. A inasprire la situazione contribuisce la rivendicazione di antichi templi e siti storici, in particolare il tempio di Preah Vihear, un complesso khmer dell’XI secolo. Sebbene la Corte Internazionale di Giustizia abbia assegnato la sovranità del tempio alla Cambogia, la Thailandia non ha mai accettato completamente la decisione, alimentando sentimenti nazionalistici e periodiche escalation militari.
Gli scontri di questi giorni rappresentano i più sanguinosi da quelli avvenuti a luglio, che avevano già causato decine di vittime e costretto circa 300.000 persone a lasciare le proprie abitazioni su entrambi i lati del confine. Una fragile tregua, mediata dagli Stati Uniti, era stata raggiunta, ma le recenti ostilità ne hanno decretato il fallimento.
Escalation militare e accuse reciproche
La situazione sul campo è estremamente volatile. Entrambi i governi si accusano a vicenda di aver dato inizio alle ostilità. Bangkok punta il dito contro Phnom Penh per aver posizionato armamenti in una zona contesa nella provincia costiera di Trat, mossa considerata la causa scatenante della nuova ondata di violenza. Dal canto suo, la Cambogia, attraverso le parole di Hun Sen, ex primo ministro e attuale presidente del Senato, sostiene di aver reagito militarmente solo dopo aver mantenuto la pazienza per oltre 24 ore nel rispetto del cessate il fuoco, e accusa la Thailandia di aver violato gli accordi precedenti.
I combattimenti si sono estesi a diverse province lungo il confine, con l’uso di artiglieria pesante, droni e, secondo fonti cambogiane, anche di caccia F-16 thailandesi che avrebbero condotto raid in territorio nemico. Il bilancio delle vittime è ancora incerto, ma si parla di almeno una dozzina di morti tra civili e militari da entrambe le parti.
Implicazioni economiche e geopolitiche
Al di là dell’immediata crisi umanitaria, il conflitto ha profonde ripercussioni economiche e geopolitiche. La chiusura temporanea dei valichi di frontiera terrestri interrompe il commercio e gli scambi tra i due Paesi. La disputa, inoltre, si inserisce in un contesto regionale più ampio, con interessi che vanno oltre la semplice rivendicazione territoriale.
Analisti internazionali sottolineano come le tensioni interne a entrambi i Paesi possano giocare un ruolo nell’alimentare il conflitto. In Thailandia, il governo potrebbe utilizzare la crisi per distogliere l’attenzione da problemi economici interni, mentre in Cambogia la leadership deve dimostrare fermezza per consolidare il proprio potere. La comunità internazionale, inclusa l’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico), appare per ora impotente nel mediare una soluzione duratura, mentre gli Stati Uniti, storici alleati della Thailandia, hanno chiesto un’immediata cessazione delle ostilità.
L’ex presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che intende contattare i leader di entrambi i Paesi per contribuire a fermare la guerra, ricordando il suo ruolo nella mediazione della tregua precedente.
Una crisi umanitaria in corso
Mentre la diplomazia cerca faticosamente una via d’uscita, la priorità resta la sicurezza dei civili. Le immagini che arrivano dalle zone di confine mostrano lunghe file di persone in fuga, costrette ad abbandonare tutto per cercare rifugio in aree più sicure. L’evacuazione massiccia, come spiegato dal portavoce del ministero della Difesa thailandese, Surasant Kongsiri, è una misura preventiva per evitare il ripetersi delle vittime civili registrate negli scontri passati. La situazione rimane critica e il mondo osserva con preoccupazione, sperando in una rapida de-escalation che possa porre fine alle sofferenze di centinaia di migliaia di persone innocenti.
