Nella cornice vibrante di “Più Libri Più Liberi”, la fiera nazionale della piccola e media editoria a Roma, emerge potente la voce del filosofo israelo-tedesco Omri Boehm, che con il suo ultimo saggio ‘Universalismo Radicale – Oltre l’identità’ (Marietti1820, traduzione di Claudia Tatasciore) lancia una sfida intellettuale tanto audace quanto necessaria: superare la logica dei particolarismi identitari per rifondare la politica e il diritto sul concetto primario di umanità.

Boehm, professore associato di filosofia alla New School for Social Research di New York, propone un pensiero che affonda le sue radici in una rilettura critica di testi fondamentali della cultura occidentale. Dalla Dichiarazione di indipendenza americana al racconto biblico del sacrificio di Isacco, fino al saggio kantiano sull’Illuminismo, il filosofo traccia un percorso per riscoprire un “universalismo radicale”, un principio secondo cui l’umanità stessa deve essere la misura e il fondamento di ogni norma. “La legge deve partire dalla protezione degli esseri umani in quanto tali, e non dall’identità ebraica o palestinese: entrambe vanno protette”, ha spiegato Boehm, sintetizzando il cuore della sua tesi.

Oltre la Gabbia dell’Identità

Il saggio di Boehm si inserisce con forza in uno dei dibattiti più infuocati del nostro tempo, quello sull’identità, spesso trasformato in una lotta tra gruppi di vittime che cercano di affermare i propri diritti assoluti a discapito degli altri. “Il fatto è che ogni identità, ogni gruppo di vittime, ora cerca di cancellare l’altro”, afferma il filosofo. Questo meccanismo, secondo Boehm, è particolarmente evidente nel conflitto israelo-palestinese, dove la politica basata sui “presunti diritti assoluti della vittima” si contrappone al “dovere assoluto verso gli esseri umani”.

Pur riconoscendo l’asimmetria di potere, con “quello israeliano che prevale e sostanzialmente cancella l’identità palestinese”, Boehm non esita a puntare il dito anche contro una certa narrazione palestinese e dei suoi sostenitori in Occidente, talvolta “disposti a cancellare l’identità ebraica”. L’analisi del filosofo è un invito a de-assolutizzare le identità e a riconoscere che la loro difesa è legittima solo in quanto appartengono a esseri umani, e non viceversa. In questo quadro, anche l’idea sionista di un’emancipazione attraverso la sovranità ebraica, pur non essendo “completamente sbagliata”, sta mostrando tutti i suoi limiti.

La “Repubblica di Haifa”: una Federazione Bi-Nazionale

Di fronte allo stallo della “soluzione a due Stati”, che Boehm critica aspramente ritenendola non più un ideale di pace ma un paravento per garantire la sovranità nazionale ebraica a ogni costo, il filosofo rilancia con una proposta visionaria già esplorata in un altro suo acclamato lavoro: la “Repubblica di Haifa”. Si tratta di un modello di federazione bi-nazionale in cui israeliani e palestinesi possano convivere con pari diritti e autonomia.

L’idea, spiega Boehm, prevede “una Costituzione comune, che determini i princìpi minimi da rispettare su tutto il territorio”. In questo sistema, nessuno dei due parlamenti autonomi potrebbe legiferare contro la nazionalità e i diritti individuali dell’altra parte. Sorprendentemente, Boehm nota come questa proposta non sia così distante, nei suoi principi fondamentali, dal Piano di partizione della Palestina delle Nazioni Unite del 1947.

Boehm è consapevole che la sua proposta non è di immediata realizzazione, così come non lo è più quella dei due Stati. Tuttavia, la sua critica si fa tagliente verso coloro che, pur sostenendo la soluzione dei due Stati, sono rimasti in silenzio di fronte alle violenze. “L’8 ottobre non si sono sentiti i sostenitori della soluzione dei due Stati parlare della necessità di difendere le vite dei palestinesi come se fossero le nostre”, accusa, citando il suo immediato appello a proteggere le vite palestinesi con la stessa urgenza di quelle ebraiche e a ritenere il governo israeliano responsabile delle sue azioni.

Uno Sguardo sul Presente Culturale: il Caso Eurovision

Interrogato su temi di attualità culturale come il dibattito sulla partecipazione di Israele all’Eurovision Song Contest, Boehm offre una prospettiva equilibrata. Pur ritenendo che ci siano ragioni valide per un’esclusione, sostiene la partecipazione di Israele, affermando che l’intervento della comunità internazionale dovrebbe concentrarsi sull’applicazione del diritto internazionale piuttosto che su boicottaggi culturali. “Al tempo stesso, non penso che il tentativo di escludere Israele sia antisemita o qualcosa del genere, come qualcuno direbbe”, precisa, smarcandosi dalle polarizzazioni estreme.

Con il suo “Universalismo Radicale”, Omri Boehm, già vincitore del Premio letterario di Lipsia per la comprensione europea, non offre soluzioni facili, ma uno strumento critico potente per ripensare le fondamenta della nostra convivenza. Un invito a guardare oltre i confini dell’identità per riscoprire il terreno comune, e assoluto, della nostra condivisa umanità.

Di euterpe

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