PHNOM PENH, Cambogia – Il confine tra Thailandia e Cambogia è nuovamente teatro di violenti scontri, con un bilancio drammatico che aggrava una situazione già precaria. Almeno quattro civili cambogiani hanno perso la vita e una decina sono rimasti feriti a seguito di attacchi aerei condotti dalle forze thailandesi. La notizia è stata confermata dal ministro dell’Informazione cambogiano, Neth Pheaktra, che ha precisato come le vittime si siano registrate nelle province di confine di Oddar Meanchey e Preah Vihear. Da parte sua, la Thailandia ha comunicato la morte di un proprio soldato e il ferimento di altri otto militari.
Questa impennata di violenza segna il fallimento degli sforzi diplomatici recenti, compresa una tregua mediata dagli Stati Uniti, e riapre una ferita storica legata a dispute territoriali mai del tutto risolte. Le due nazioni si scambiano accuse reciproche sulla responsabilità dell’inizio delle ostilità, creando un clima di incertezza e paura tra le popolazioni locali.
Le versioni contrapposte e l’escalation militare
Secondo le autorità di Phnom Penh, le forze thailandesi avrebbero lanciato un attacco nelle prime ore del mattino contro le postazioni cambogiane, utilizzando anche carri armati contro l’antico tempio di Tamone Thom e altre aree sacre vicine al tempio di Preah Vihear, patrimonio dell’UNESCO e cuore della contesa. La Cambogia sostiene di aver mantenuto la massima moderazione, non rispondendo inizialmente al fuoco.
Bangkok, invece, afferma che i suoi raid aerei sono stati una risposta a un attacco cambogiano che ha causato la morte del soldato thailandese. Il portavoce dell’esercito thailandese ha dichiarato che l’aviazione è stata impiegata per “colpire obiettivi militari” e neutralizzare le postazioni di artiglieria cambogiane. L’esercito thailandese ha inoltre accusato le forze cambogiane di aver lanciato razzi BM-21 verso aree civili nella provincia thailandese di Buri Ram, fortunatamente senza causare vittime.
L’escalation ha avuto conseguenze immediate e drammatiche per la popolazione civile. Decine di migliaia di persone sono state evacuate da entrambi i lati del confine. Fonti thailandesi parlano di circa 35.000 evacuati, mentre immagini dai media locali mostrano lunghe code di veicoli e persone in fuga per mettersi in salvo. Villaggi interi si sono svuotati, trasformando la zona di confine in un’area di paura e incertezza.
Le radici storiche di un conflitto irrisolto
La disputa tra Thailandia e Cambogia ha radici profonde, che risalgono al periodo coloniale francese e alla demarcazione di un confine di 800 chilometri mai pienamente accettato da entrambe le parti. Il fulcro della contesa è l’area circostante il tempio khmer di Preah Vihear, risalente all’XI secolo. Nel 1962, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia assegnò la sovranità del tempio alla Cambogia, ma la sentenza non definì chiaramente la proprietà dei terreni circostanti, lasciando aperta la porta a future tensioni.
Paradossalmente, l’inserimento del tempio nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 2008 ha contribuito ad acuire le tensioni, invece di risolverle. Da allora, si sono verificati scontri a fuoco intermittenti che hanno causato decine di morti da ambo le parti. Spesso, le leadership politiche di entrambi i paesi hanno utilizzato la leva del nazionalismo, soffiando sul fuoco della disputa per distogliere l’attenzione dai problemi interni.
Implicazioni economiche e geopolitiche
Oltre alle rivendicazioni territoriali e identitarie, il conflitto si nutre anche di motivazioni economiche. Recentemente, la tensione è aumentata a causa del piano della Thailandia di sviluppare “centri di intrattenimento” e casinò vicino al confine, una mossa che potrebbe danneggiare l’economia cambogiana, sottraendo entrate e interferendo con le operazioni finanziarie, anche illecite, che prosperano nella regione.
La comunità internazionale osserva con preoccupazione. L’Unione Europea ha esortato entrambi i Paesi a “esercitare la massima moderazione” e a riprendere il dialogo. Tuttavia, la retorica bellicosa sembra prevalere. Il primo ministro thailandese ha dichiarato “nullo” l’accordo di pace firmato a ottobre, affermando che non ci saranno più negoziati finché la Cambogia non soddisferà le richieste di Bangkok. Questo irrigidimento delle posizioni delinea scenari futuri incerti e allontana la prospettiva di una soluzione pacifica e duratura.
