Caracas – La tensione tra Venezuela e Stati Uniti ha raggiunto un nuovo picco di criticità. In un discorso dai toni infuocati, il presidente de facto del Venezuela, Nicolás Maduro, ha ordinato alle forze di polizia del paese di prepararsi al combattimento “nei mesi e negli anni a venire”. Durante una cerimonia per l’arruolamento di nuovi allievi nella Polizia Nazionale Bolivariana (PNB), tenutasi alla periferia di Caracas, il leader chavista ha escluso ancora una volta la possibilità di negoziati con Washington, alzando ulteriormente il livello dello scontro.
Accompagnato dal potente ministro degli Interni, Diosdado Cabello, considerato il suo braccio destro e una delle figure più influenti del chavismo, Maduro ha delineato uno scenario di conflitto imminente. Ha affermato che ogni corpo di polizia in Venezuela deve elaborare un “piano offensivo permanente” come risposta diretta al dispiegamento militare statunitense nel Mar dei Caraibi. Questa presenza navale, la più imponente dagli anni ’80, è vista da Caracas come un chiaro tentativo di “cambio di regime”, un’ingerenza inaccettabile nella sovranità nazionale.
Il contesto: l’operazione “Southern Spear” e la lotta al narcotraffico
Da parte loro, gli Stati Uniti giustificano la massiccia presenza militare, che include la portaerei USS Gerald R. Ford, la più grande al mondo, come parte dell’operazione “Southern Spear”, una vasta campagna finalizzata a contrastare il narcotraffico nella regione. Washington accusa apertamente Maduro e la sua cerchia ristretta di guidare il cosiddetto “Cartel de los Soles”, recentemente designato come organizzazione terroristica straniera. Questa mossa ha intensificato le sanzioni e, secondo alcuni analisti, potrebbe fornire una giustificazione legale per attacchi mirati contro asset legati al governo venezuelano.
Negli ultimi mesi, le forze armate statunitensi hanno condotto numerosi attacchi contro imbarcazioni sospettate di trasportare droga, causando decine di vittime e sollevando dubbi sulla legalità e proporzionalità di tali operazioni. Il presidente Donald Trump ha inoltre chiuso lo spazio aereo venezuelano e non ha escluso la possibilità di operazioni di terra per fermare i narcotrafficanti, alimentando i timori di un’escalation militare.
La risposta di Maduro: appello alla lotta armata
La reazione di Maduro a quella che definisce una “aggressione” e una “minaccia sproporzionata” è stata netta. L’appello a studiare e praticare “tutte le forme di lotta armata” rivolto ai futuri poliziotti segna un’ulteriore militarizzazione della retorica e della politica interna venezuelana. Il leader chavista, al potere dal 2013 dopo la morte di Hugo Chávez, ha denunciato i piani di Washington come un pretesto per rovesciare il suo governo, incassando il sostegno di alleati come Iran e Cuba.
Il discorso di Maduro si inserisce in una strategia più ampia di mobilitazione interna. Già nei giorni scorsi, Caracas aveva annunciato la mobilitazione di milioni di miliziani per la “difesa integrale” del paese, un segnale della volontà di resistere a qualsiasi tentativo di intervento esterno. La nomina di Diosdado Cabello, un militare di ferro e figura chiave del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), a capo del Ministero degli Interni, Giustizia e Pace nell’agosto 2024, è stata interpretata come un rafforzamento della linea dura del governo.
Uno stallo diplomatico e un futuro incerto
Mentre la retorica bellicosa si intensifica, la via diplomatica appare completamente bloccata. Nonostante alcune indiscrezioni su possibili contatti telefonici tra Trump e Maduro per organizzare un incontro, gli sforzi per un dialogo sembrano essere stati interrotti. La situazione rimane estremamente volatile, con il rischio che un incidente o un errore di calcolo possa innescare un conflitto diretto dalle conseguenze imprevedibili per l’intera regione.
La comunità internazionale osserva con preoccupazione. Mentre alcuni paesi caraibici hanno espresso il loro sostegno alle operazioni statunitensi, altri, come la CARICOM (Comunità dei Caraibi), hanno ribadito la necessità di mantenere la regione come una “zona di pace” e di risolvere le dispute pacificamente. Il Venezuela, dal canto suo, si trova sempre più isolato ma determinato a difendere la propria sovranità con ogni mezzo, come sottolineato dalle parole perentorie del suo presidente.
