Milano – Si aggrava la posizione dei militari dell’Arma coinvolti nel tragico inseguimento che, nella notte del 24 novembre 2024, portò alla morte del giovane Ramy Elgaml. La Procura della Repubblica di Milano, guidata da Marcello Viola, ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini, un atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, a otto persone. Sette di queste sono carabinieri, mentre l’ottavo è Fares Bouzidi, l’amico che si trovava alla guida dello scooter su cui viaggiava Ramy. Le accuse, formulate dai pubblici ministeri Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, sono pesantissime e disegnano un quadro di presunti illeciti che vanno ben oltre la dinamica dell’incidente stradale.
L’atto notificato unifica diversi filoni d’inchiesta che nel corso dei mesi si erano arricchiti di nuovi, inquietanti dettagli, portando a un aumento sia delle imputazioni che del numero degli indagati. Ora, per tutti, si profila la richiesta di processo.
Omicidio stradale in concorso: la dinamica dell’incidente
Il reato più grave, l’omicidio stradale in concorso, viene contestato sia a Fares Bouzidi, per la sua guida spericolata e senza patente, sia al carabiniere Antonio Lenoci, che era al volante della gazzella che inseguiva i due ragazzi. Secondo la ricostruzione della Procura, l’inseguimento si protrasse per circa otto chilometri a velocità elevatissime, superando i 120 km/h, anche in contromano. La fase finale, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, sarebbe stata segnata da un contatto fatale: il lato posteriore destro dello scooter T-Max avrebbe urtato il paraurti anteriore dell’auto dei militari. A seguito dell’impatto, Ramy Elgaml fu sbalzato violentemente contro un palo del semaforo, perdendo la vita.
Al militare alla guida viene imputato di aver mantenuto una distanza “inidonea a prevenire eventuali collisioni”, arrivando quasi ad affiancare lo scooter a una distanza laterale di appena ottanta centimetri. Allo stesso carabiniere è contestato anche il reato di lesioni nei confronti di Bouzidi, che riportò una prognosi di 40 giorni e ha sporto querela tramite i suoi legali, gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli.
Falso ideologico e depistaggio: le accuse sul verbale e l’occultamento delle prove
È sul fronte della gestione successiva all’incidente che emergono le accuse più sconcertanti. Quattro carabinieri, tra cui lo stesso Lenoci, sono indagati per falso ideologico in atto pubblico. Secondo i pm, nel verbale d’arresto per resistenza a pubblico ufficiale a carico di Bouzidi, avrebbero deliberatamente omesso informazioni essenziali e attestato il falso. Nello specifico, le omissioni contestate sono:
- La menzione dell’urto tra i mezzi, descrivendo l’accaduto come una semplice “scivolata” dello scooter a causa di un “sovrasterzo”.
- La segnalazione della presenza di un testimone oculare.
- L’indicazione dell’esistenza di una dashcam sull’auto di servizio e di una bodycam personale, dispositivi che avrebbero ripreso l’intero inseguimento.
Ma le accuse non si fermano qui. Altri militari sono indagati per frode processuale e depistaggio. Due di loro avrebbero infatti costretto un testimone a cancellare dal proprio cellulare ben nove file video relativi all’incidente e ai momenti immediatamente successivi. Altri due avrebbero minacciato un altro testimone, costringendolo a sua volta a eliminare un video con frasi intimidatorie come: “cancella immediatamente il video…fammi vedere che lo hai cancellato…adesso sali in macchina perché ti prendi una denuncia“. Infine, due carabinieri sono accusati di aver fornito false informazioni ai magistrati riguardo la consegna dei filmati.
La difesa e le reazioni
Mentre Fares Bouzidi, già condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per resistenza (sentenza contro cui ha fatto appello), ha sempre sostenuto di essere stato urtato da dietro, la chiusura delle indagini ha provocato reazioni anche dal mondo politico. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha definito “assurda e vergognosa” la prospettiva di un processo per i carabinieri, esprimendo “onore all’Arma” e invocando una riforma della giustizia.
Il percorso giudiziario si preannuncia complesso. La Procura aveva tentato per due volte di chiedere una perizia in incidente probatorio per chiarire la dinamica, ma l’istanza è sempre stata respinta dal gip. Ora la parola passerà all’udienza preliminare, che dovrà decidere se accogliere le richieste della Procura e rinviare a giudizio gli otto indagati per far luce su una notte di morte e presunti gravi insabbiamenti.
