Un soffio di modernità attraversa le sale del Museo dell’Ara Pacis. Come un’onda cromatica che dalla Senna giunge al Tevere, la mostra “Impressionismo e oltre. Capolavori dal Detroit Institute of Arts” dischiude, dal 4 dicembre 2025 al 3 maggio 2026, uno scrigno di tesori pittorici che narrano la genesi e l’evoluzione dell’arte moderna. Cinquantadue opere, prestiti eccezionali del prestigioso museo statunitense, intessono un dialogo serrato tra luce, colore e forma, accompagnando il visitatore in un viaggio che attraversa i decenni cruciali a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e coprodotta con MondoMostre, l’esposizione rappresenta un’opportunità rara di ammirare in Italia un nucleo di tele che difficilmente lasciano le loro sale in Michigan. Un’occasione, come sottolineato dal curatore Claudio Zambianchi, per comprendere una fase di “cambiamenti senza precedenti nella storia dell’arte”, guidati da autori che “contribuirono a ridefinire il linguaggio pittorico moderno”.
Dalla rappresentazione del quotidiano alla rivoluzione della percezione
Il percorso espositivo, articolato in quattro sezioni, prende le mosse dal cuore pulsante della Francia di metà XIX secolo. È un’epoca di fermento, in cui artisti come Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir e Paul Cézanne, accogliendo l’invito del poeta Charles Baudelaire a farsi interpreti della “vita moderna”, abbandonano i soggetti storici e mitologici per rivolgere il loro sguardo al quotidiano. Le strade di Parigi, i caffè, i teatri, i paesaggi bagnati da una luce cangiante diventano i nuovi protagonisti. Opere come “Donna in poltrona” (1874) di Renoir, scelta come immagine simbolo della mostra, o i celebri “Bagnanti” (1879-1880) di Cézanne, incarnano questa nuova urgenza di catturare l’immediatezza della percezione visiva. Insieme a loro, tele di Pissarro e Sisley testimoniano la vitalità di una poetica che si interroga sul rapporto tra realtà e sensazione, inaugurando quella profonda trasformazione che scardinerà le fondamenta della pittura accademica.
Oltre l’Impressione: la forma si fa solida, il colore si fa emozione
Il viaggio prosegue oltre il 1886, anno dell’ultima mostra collettiva impressionista, per esplorare le ricerche che ne superarono i confini. La pittura francese si avvia verso una nuova fase, caratterizzata da una maggiore solidità formale e da un uso del colore sempre più autonomo ed espressivo. È l’alba del Post-Impressionismo. La tela “La Sainte-Victoire” di Paul Cézanne, presente in mostra, è un manifesto di questa evoluzione, dove il paesaggio è scomposto e ricomposto attraverso pennellate geometriche che ne indagano la struttura profonda. Accanto a lui, i dipinti di Vincent Van Gogh, come “Rive dell’Oise a Auvers”, vibrano di una pennellata ritmica e materica, capace di trasmettere con una forza inedita lo stato emotivo dell’artista, interpretando la realtà anziché semplicemente descriverla.
Parigi, capitale delle avanguardie
La parte centrale del percorso è un’immersione nella Parigi dei primi due decenni del Novecento, calamita per artisti da tutta Europa e fucina delle avanguardie storiche. Qui si possono ammirare le evoluzioni di Pablo Picasso, con opere che spaziano dal periodo rosa alla rivoluzione cubista. Il suo dialogo con la forma è affiancato dalle ricerche di Henri Matisse, che in tele come “Finestra” passa dal rigore geometrico a pennellate più libere e sensuali, influenzate dalla lezione di Renoir. In questo crocevia di sperimentazioni trovano spazio anche il cubismo di Juan Gris e dell’unica artista donna in mostra, María Blanchard, e le intense figure espressioniste di Amedeo Modigliani e Chaïm Soutine, protagonisti della cosiddetta Scuola di Parigi.
L’urlo dell’Espressionismo Tedesco
L’atto finale della mostra è dedicato alla potente avanguardia tedesca, una selezione resa possibile dalla lungimiranza di Wilhelm R. Valentiner, direttore del Detroit Institute of Arts tra il 1924 e il 1945, che seppe acquisire queste opere quando in Europa erano ancora viste con sospetto. Troviamo i colori audaci di Wassily Kandinsky e Lyonel Feininger, legati all’esperienza del Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), e le forme spigolose di Max Pechstein, esponente di Die Brücke (Il ponte). La maggior parte delle opere in questa sezione, tuttavia, risale al dopoguerra e riflette la drammaticità di una Germania sconfitta. Le tele di Emil Nolde, Oskar Kokoschka e soprattutto l’“Autoritratto” (1945) di Max Beckmann, restituiscono con crudezza l’incertezza e l’angoscia di un’intera nazione, chiudendo un percorso che non è solo una lezione di storia dell’arte, ma un profondo scandaglio dell’animo umano e delle sue trasformazioni di fronte alla modernità.
La mostra “Impressionismo e oltre” è inoltre progettata per essere accessibile a tutti, con percorsi multisensoriali, visite integrate e laboratori creativi, a conferma dell’impegno della Sovrintendenza Capitolina per un’inclusione culturale sempre più ampia.
