Dalle distese ghiacciate dell’Antartide occidentale giunge un monito che la comunità scientifica internazionale non può più ignorare. Il Ghiacciaio Thwaites, noto ai più con il suo profetico e inquietante soprannome di “Ghiacciaio dell’Apocalisse”, sta mostrando segni di cedimento strutturale sempre più evidenti. Un recente studio, frutto della collaborazione di un team internazionale guidato dal Centre for Earth Observation Science dell’Università di Manitoba in Canada, ha messo a nudo il suo “tallone d’Achille”: un processo di fratturazione inarrestabile che sta minando le fondamenta della sua stabilità e accelerando la sua corsa verso l’oceano. Le implicazioni di questo fenomeno, descritto dettagliatamente sulla prestigiosa rivista Journal of Geophysical Research: Earth Surface, sono di portata globale e ridisegnano le previsioni sull’innalzamento del livello dei mari.

Un gigante di ghiaccio dal futuro incerto

Il Thwaites non è un ghiacciaio qualunque. Con una superficie di circa 192.000 chilometri quadrati, paragonabile a quella della Florida o della Gran Bretagna, rappresenta uno dei sistemi di ghiaccio-oceano più vasti e in rapida evoluzione del pianeta. La sua completa fusione, da sola, potrebbe innalzare il livello globale dei mari di circa 65 centimetri, un evento che ridisegnerebbe le mappe delle zone costiere di tutto il mondo, mettendo a rischio milioni di persone e infrastrutture vitali. Ma il pericolo maggiore risiede nel suo ruolo di “tappo”: il suo collasso potrebbe destabilizzare l’intera calotta glaciale dell’Antartide occidentale, innescando un effetto domino catastrofico che porterebbe a un innalzamento dei mari di oltre tre metri.

L’analisi satellitare rivela la dinamica del collasso

Per comprendere a fondo la dinamica in atto, i ricercatori hanno analizzato un’enorme mole di dati raccolti in oltre vent’anni, dal 2002 al 2022. Sfruttando la potenza delle osservazioni satellitari (attraverso i satelliti Landsat e Sentinel-1), misurazioni della velocità del flusso glaciale e dati GPS raccolti in situ, hanno potuto tracciare con una precisione senza precedenti l’evoluzione di una porzione critica del ghiacciaio: la Piattaforma di Ghiaccio Orientale di Thwaites (TEIS).

Questa immensa piattaforma galleggiante, che agisce come un freno naturale al flusso del ghiaccio verso il mare, è parzialmente stabilizzata da un punto di ancoraggio sottomarino sul suo bordo settentrionale. È proprio qui che si concentra il problema. L’analisi ha rivelato che la TEIS sta progressivamente perdendo la sua presa su questo perno cruciale.

Un circolo vizioso di fratture e accelerazione

Lo studio ha identificato un meccanismo di feedback positivo, un vero e proprio circolo vizioso che si autoalimenta. Il processo di deterioramento si è manifestato in due fasi distinte:

  • Prima fase: Formazione di grandi fratture allineate con la direzione del flusso del ghiaccio.
  • Seconda fase: Sviluppo rapido di fratture più piccole e trasversali, che hanno ulteriormente indebolito la struttura della piattaforma.

La crescita costante di queste crepe ha indebolito la connessione al punto di ancoraggio. Di conseguenza, il ghiaccio a monte, non più trattenuto efficacemente, ha iniziato a scorrere più velocemente verso l’oceano. Questa accelerazione, a sua volta, ha generato ulteriori stress meccanici sulla piattaforma, causando la formazione di nuove fratture e amplificando il processo di distacco. In pratica, più il ghiacciaio si frattura, più veloce scorre; e più veloce scorre, più si frattura.

I ricercatori hanno descritto questo processo in quattro fasi distinte, che mostrano come le fratture si siano propagate attraverso l’intera larghezza della piattaforma, compromettendone l’integrità strutturale in modo forse irreversibile.

Implicazioni globali e la necessità di agire

Ciò che rende questa scoperta particolarmente preoccupante è la sua potenziale universalità. Gli scienziati avvertono che il modello di degrado osservato sul Thwaites potrebbe essere un’anticipazione di ciò che accadrà ad altre piattaforme di ghiaccio galleggianti in Antartide, considerate a rischio. Questo scenario complica notevolmente le già difficili previsioni sull’innalzamento del livello del mare e sottolinea l’urgenza di riconsiderare i modelli climatici attuali.

Il soprannome “Ghiacciaio dell’Apocalisse” non è un’esagerazione mediatica, ma un termine coniato dalla stessa comunità scientifica per riflettere la gravità del rischio. Il suo destino è intrinsecamente legato alle nostre azioni. La rapidità con cui questo gigante di ghiaccio si scioglierà e le conseguenze per le coste di tutto il mondo, incluse quelle italiane che rischiano di perdere quasi metà delle loro spiagge, dipenderanno in larga misura dalla nostra capacità di mitigare il cambiamento climatico e ridurre le emissioni di gas serra. La finestra per agire si sta chiudendo, e il ticchettio proveniente dal cuore dell’Antartide è un richiamo sempre più forte alla responsabilità globale.

Di davinci

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