Un’inattesa crepa si sta aprendo nel fronte occidentale a sostegno dell’Ucraina. Secondo recenti indiscrezioni riportate da fonti autorevoli come Bloomberg, gli Stati Uniti starebbero esercitando pressioni significative su diversi paesi membri dell’Unione Europea per frenare, se non bloccare del tutto, un piano ambizioso: utilizzare gli asset russi congelati per garantire un ingente prestito a Kiev. Questa mossa, che a prima vista potrebbe sembrare un semplice disaccordo tecnico, nasconde in realtà profonde divergenze strategiche e timori per la stabilità finanziaria globale.
Il Cuore della Questione: 210 Miliardi di Euro e il Sostegno a Kiev
Dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina nel febbraio 2022, le nazioni del G7 e l’Unione Europea hanno congelato circa 260 miliardi di euro di beni della Banca Centrale Russa. La stragrande maggioranza di questi fondi, circa 210 miliardi di euro, è detenuta in Europa, principalmente presso il depositario centrale belga Euroclear. Questi asset, immobilizzati ma non confiscati, generano profitti straordinari, stimati tra i 2,5 e i 3,5 miliardi di euro all’anno. È proprio su questo “tesoretto” che si concentra il dibattito.
L’Unione Europea, spinta dalla necessità di trovare nuove e sostenibili forme di finanziamento per l’Ucraina, ha proposto di utilizzare questi profitti per sostenere economicamente e militarmente il paese. La Commissione Europea ha presentato un piano per sostenere un prestito da 90 miliardi di euro destinato a coprire le esigenze economiche e militari dell’Ucraina per i prossimi due anni.
La Posizione Prudente degli Stati Uniti
Washington, tuttavia, ha espresso forti riserve. Funzionari statunitensi, parlando in condizione di anonimato, hanno manifestato le loro preoccupazioni a diversi interlocutori europei. Il timore principale è duplice. Da un lato, si teme che una mossa così aggressiva possa minare la fiducia internazionale nell’euro come valuta di riserva e destabilizzare i mercati finanziari. Altri paesi potrebbero diventare restii a detenere le loro riserve in euro, temendo che i loro asset possano essere soggetti a misure simili in futuro. Questa eventualità potrebbe avere ripercussioni significative sulla stabilità dell’intero sistema finanziario globale.
Dall’altro lato, esiste una preoccupazione di natura più squisitamente politica e diplomatica. Secondo le fonti, l’amministrazione statunitense riterrebbe che questi asset congelati possano rappresentare una leva fondamentale in un futuro negoziato di pace tra Russia e Ucraina. Utilizzarli ora per finanziare lo sforzo bellico, secondo questa prospettiva, significherebbe “bruciare” un potenziale e cruciale strumento di contrattazione per porre fine al conflitto. In sostanza, Washington sembra privilegiare una visione a lungo termine, che tenga aperta la porta a una soluzione diplomatica, rispetto a una mossa che, sebbene fornisca un aiuto immediato a Kiev, potrebbe prolungare le ostilità.
Le Implicazioni Legali e le Preoccupazioni della BCE
A complicare ulteriormente il quadro ci sono le complesse questioni legali. La confisca diretta degli asset sovrani russi è considerata da molti giuristi internazionali una violazione del diritto internazionale. L’utilizzo dei soli profitti è visto come un’opzione legalmente più percorribile, ma anche questa strada non è priva di insidie. La Russia ha già minacciato ritorsioni, definendo qualsiasi azione contro i suoi beni come un “furto” e avvertendo che la risposta sarebbe durissima.
Anche la Banca Centrale Europea (BCE) ha espresso forte cautela, arrivando a bloccare di fatto il piano della Commissione. La BCE ha respinto la richiesta di fornire garanzie per il maxi-prestito, sostenendo che una tale mossa violerebbe il suo mandato, che le impedisce di finanziare direttamente i governi (il cosiddetto “divieto di finanziamento monetario”). Questo stop ha messo in seria crisi il progetto europeo, costringendo Bruxelles a cercare soluzioni alternative.
Un Vertice Decisivo e le Divisioni Interne all’UE
La questione è stata al centro delle recenti riunioni del G7 e dei vertici europei. Nonostante a giugno i leader del G7 avessero raggiunto un accordo di principio per un prestito da 50 miliardi di dollari sostenuto dai profitti degli asset russi, i dettagli tecnici e legali rimangono complessi. All’interno della stessa UE, la proposta incontra una ferma opposizione, in particolare da parte del Belgio, dove è depositata la maggior parte dei fondi. Bruxelles teme le conseguenze legali e finanziarie, chiedendo che i rischi siano condivisi equamente tra tutti gli stati membri. Anche Ungheria e Slovacchia si sono mostrate contrarie. Di fronte a queste difficoltà e alle pressioni statunitensi, i leader europei, tra cui il cancelliere tedesco Friedrich Merz e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, hanno ribadito che la decisione sull’utilizzo dei fondi spetta esclusivamente all’Europa.
Trovare un compromesso che soddisfi le esigenze immediate dell’Ucraina senza compromettere la stabilità finanziaria globale e le future prospettive di pace è la sfida complessa che i leader occidentali sono chiamati ad affrontare. La decisione che prenderanno avrà conseguenze profonde non solo per il futuro del conflitto, ma per l’intero ordine economico e geopolitico internazionale.
