Roma – Svolta storica per il settore delle costruzioni in Italia. Nella giornata di ieri, 4 dicembre 2025, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge delega per l’adozione di un nuovo “Codice dell’Edilizia e delle Costruzioni”. Si tratta di un passo fondamentale verso una revisione organica e profonda del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), una normativa ormai datata e considerata da più parti inadeguata a governare le complesse dinamiche del mercato immobiliare moderno.

L’obiettivo primario della riforma, come sottolineato in una nota ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), è quello di fornire al settore regole chiare, semplici e certe. Una necessità non più differibile, secondo il governo, per sostenere lo sviluppo economico, garantire la sicurezza dei cittadini e promuovere la riqualificazione del vasto patrimonio immobiliare nazionale. Il ministro Matteo Salvini ha commentato con soddisfazione: “Dopo il codice della strada e il codice degli appalti, con il codice edilizia aggiorniamo altre norme dopo più di vent’anni di attesa. Offriamo all’Italia regole più chiare e certe, tagliando la burocrazia”.

Nessun condono per il passato, sguardo al futuro

Un punto cruciale, messo in evidenza dal MIT per fugare ogni dubbio, è che la legge delega non interverrà in alcun modo sugli abusi edilizi del passato. La filosofia del provvedimento è infatti proiettata al futuro: creare un quadro normativo così limpido da prevenire l’insorgere di ambiguità interpretative. Ambiguità che, come la cronaca recente ha dimostrato, possono generare complessi e lunghi contenziosi, con il rischio di paralizzare interi settori. Il riferimento, neanche troppo velato, è al caso che ha interessato il Comune di Milano, dove le incertezze normative hanno portato al blocco di numerosi cantieri.

“L’obiettivo”, si legge nella nota del Ministero, “è offrire al settore un Codice fondato su regole chiare e semplici, per evitare che, in futuro, sulle ambiguità normative, possano nascere contenziosi come quello che oggi interessa il Comune di Milano”.

I pilastri della riforma: semplificazione e uniformità

Il nuovo Codice dell’Edilizia si fonderà su alcuni principi cardine, volti a superare l’attuale “giungla normativa” che spesso vede regole diverse tra le varie Regioni e Comuni. Ecco i punti salienti:

  • Semplificazione delle procedure: Si punta a snellire drasticamente l’iter burocratico per ottenere i permessi. Questo avverrà attraverso un riordino dei titoli abilitativi (CILA, SCIA e permesso di costruire) e un potenziamento del meccanismo del silenzio-assenso. In pratica, se la pubblica amministrazione non risponderà entro tempi certi e perentori, la richiesta del cittadino o dell’impresa si intenderà accolta.
  • Uniformità normativa: La riforma mira a superare la frammentazione legislativa derivante dalla competenza concorrente tra Stato e Regioni. Verranno stabiliti principi e requisiti minimi validi su tutto il territorio nazionale, garantendo così parità di trattamento e certezze per gli operatori.
  • Digitalizzazione: Un altro asse portante sarà la spinta verso la digitalizzazione dei processi. Si prevede l’istituzione di un “unico punto di accesso” telematico per la presentazione delle pratiche e lo sviluppo del “fascicolo digitale delle costruzioni”, una sorta di carta d’identità elettronica dell’edificio.
  • Cambi di destinazione d’uso: Saranno facilitate le trasformazioni tra funzioni omogenee, come quella da ufficio a residenziale, per incentivare la rigenerazione urbana e rispondere più agilmente alle nuove esigenze delle città.

La questione degli “abusi storici”

Nonostante la chiara posizione del governo sull’assenza di condoni, il disegno di legge delega prevede procedure semplificate per la regolarizzazione delle lievi difformità e degli “abusi storici”, ovvero quelli commessi prima del 1° settembre 1967. Questa data è significativa perché segna l’entrata in vigore della “legge ponte”, che estese l’obbligo di licenza edilizia a tutto il territorio nazionale. L’obiettivo dichiarato non è condonare, ma rendere più efficienti i processi per sanare situazioni pregresse, spesso di lieve entità, che oggi bloccano la commerciabilità di molti immobili. Sarà comunque necessario rispettare il principio della “doppia conformità”, ovvero la rispondenza alle norme urbanistiche sia dell’epoca della realizzazione che a quelle attuali.

Le reazioni politiche e le prospettive

Il via libera del Consiglio dei Ministri rappresenta solo il primo passo di un iter che si preannuncia complesso. Il disegno di legge dovrà ora passare all’esame del Parlamento per l’approvazione. Una volta ottenuta la delega, il governo avrà 12 mesi di tempo per adottare i decreti legislativi che conterranno il testo del nuovo Codice. Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Mentre la maggioranza, con in testa il ministro Salvini e la ministra per le Riforme Casellati, parla di “passo determinante” e “svolta epocale”, le opposizioni esprimono forti preoccupazioni. Il deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli, ha definito la norma “un golpe contro il territorio”, temendo che il potenziamento del silenzio-assenso possa aprire la strada a speculazioni.

Ora la parola passa al Parlamento, che avrà il compito di definire i contorni di una riforma attesa da decenni, con l’ambizioso obiettivo di rendere l’edilizia un settore più moderno, efficiente e trasparente, capace di trainare l’economia del Paese nel rispetto delle regole e del territorio.

Di atlante

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