Il Myanmar è diventato il più grande produttore mondiale di oppio, superando l’Afghanistan. Questo cambiamento epocale nei traffici mondiali di stupefacenti è stato ufficializzato dal recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC), che evidenzia una situazione sempre più critica nel paese del Sud-est asiatico. La coltivazione del papavero da oppio ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi dieci anni, registrando un’impennata del 17% in un solo anno.
Secondo il “Myanmar Opium Survey 2025” dell’UNODC, la superficie coltivata a papavero è passata dai 45.200 ettari del 2024 ai 53.100 ettari del 2025. Questa escalation, che prosegue un trend in crescita dal 2020, è la diretta conseguenza di un intreccio di fattori devastanti: l’instabilità politica seguita al colpo di stato militare del 2021, il conseguente conflitto interno e una profonda crisi socio-economica che attanaglia la popolazione. In questo contesto, per molti agricoltori la coltivazione del papavero non è una scelta, ma l’unica via per la sopravvivenza.
Le Radici Economiche della Crisi
L’analisi economica rivela una delle cause principali di questa espansione: il prezzo dell’oppio. In un’economia legale al collasso, il valore dell’oppio al produttore è più che raddoppiato dal 2019, passando da circa 160 dollari al chilogrammo ai 365 dollari attuali. Questo incentivo economico, unito alla disperazione, ha spinto sempre più persone verso l’economia illecita, che si stima generi tra i 300 e i 487 milioni di dollari all’anno solo per i coltivatori. Un reddito vitale in un paese dove, secondo la Banca Mondiale, l’economia ha subito una contrazione del 18% dopo il golpe e quasi la metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
Il colpo di stato ha inferto ferite profonde al settore agricolo, tradizionalmente la spina dorsale dell’economia del Myanmar. La svalutazione della moneta locale, il Kyat, l’aumento vertiginoso dei costi dei fertilizzanti e del carburante, e le interruzioni al commercio hanno reso l’agricoltura tradizionale sempre meno sostenibile, spingendo i contadini tra le braccia dei trafficanti di droga.
Un Vuoto Globale da Colmare
La crescita esponenziale della produzione in Myanmar coincide con un drastico calo in Afghanistan. In seguito al divieto di coltivazione imposto dai Talebani nel 2022, la produzione afghana di oppio è crollata di circa il 95%. Questo ha creato un vuoto nel mercato globale degli oppiacei che il Myanmar, insieme ad altri attori del “Triangolo d’Oro” (la regione montuosa tra Myanmar, Laos e Thailandia), si sta rapidamente riempiendo.
L’UNODC avverte che la domanda globale di oppiacei dal Sud-est asiatico è in aumento e questa tendenza è destinata a continuare, alimentando ulteriormente la produzione nella regione. Segnali di questo cambiamento sono già visibili, con sequestri in Europa di eroina prodotta in Myanmar, a indicare che le rotte del narcotraffico si stanno riorganizzando su scala globale.
Geografia della Produzione e Implicazioni Regionali
La coltivazione del papavero si concentra principalmente nello Stato Shan, che da solo rappresenta l’88% del totale nazionale, ma si sta espandendo anche in altre aree. Gli aumenti più significativi si sono registrati nello Stato Shan orientale (+32%) e nello Stato Chin (+26%). Per la prima volta, la coltivazione è stata documentata anche nella regione di Sagaing, epicentro del conflitto post-golpe, segnalando una preoccupante diffusione geografica verso le aree di confine occidentali.
Questa espansione non solo aggrava la crisi interna, ma ha anche profonde implicazioni per la stabilità regionale. L’aumento del traffico di droga alimenta la criminalità organizzata, la corruzione e l’instabilità nei paesi vicini, creando una minaccia che travalica i confini del Myanmar.
Un Futuro Incerto e la Necessità di Alternative
Nonostante l’aumento delle aree coltivate, la produttività per ettaro ha mostrato un calo in alcune regioni, come il nord dello Stato Shan e il Kachin, a causa dell’intensificarsi dei combattimenti che rendono difficile la cura dei campi e l’accesso ai fertilizzanti. Tuttavia, la resa complessiva rimane a livelli storicamente alti, grazie anche a tecniche di coltivazione sempre più sofisticate.
Delphine Schantz, rappresentante dell’UNODC per il Sud-est asiatico e il Pacifico, ha lanciato un monito chiaro: “A meno che non vengano creati mezzi di sussistenza alternativi validi, il ciclo di povertà e dipendenza dalla coltivazione illecita non potrà che peggiorare”. La comunità internazionale e le autorità locali si trovano di fronte a una sfida immensa: spezzare il legame tra conflitto, povertà e narcotraffico, offrendo speranza e opportunità a una popolazione stremata. Senza un intervento deciso e coordinato, l’ombra del papavero è destinata ad allungarsi ulteriormente, non solo sul Myanmar, ma sul mondo intero.
