L’inchiesta sulla tragica morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne deceduto a Milano il 24 novembre 2024, si arricchisce di nuovi e inquietanti sviluppi. La Procura di Milano ha infatti iscritto nel registro degli indagati altri due carabinieri, portando a sette il numero totale di militari coinvolti in una vicenda che presenta contorni sempre più complessi e delicati. Le accuse, a vario titolo, sono gravissime: omicidio stradale, falso ideologico, false informazioni al pubblico ministero, favoreggiamento e depistaggio.
La dinamica dell’incidente e l’accusa di omicidio stradale
La notte del 24 novembre 2024, Ramy Elgaml si trovava come passeggero su uno scooter T-Max guidato dall’amico Fares Bouzidi. I due non si fermarono a un controllo di routine, dando il via a un inseguimento di circa otto chilometri per le vie di Milano, caratterizzato da alte velocità, superiori ai 120 km/h, e manovre pericolose, inclusa la guida contromano. La fuga terminò tragicamente all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, quando lo scooter, dopo un presunto urto con l’Alfa Romeo Giulietta dei carabinieri, uscì di strada, sbalzando Ramy contro un palo del semaforo. Il giovane fu inoltre investito dalla stessa auto dei militari.
A seguito di questi eventi, la Procura ha chiuso le indagini, preannunciando una richiesta di processo per omicidio stradale sia per Fares Bouzidi, già condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, sia per il carabiniere Antonio Lenoci, che era alla guida della vettura inseguitrice. A Bouzidi vengono contestate le aggravanti della guida senza patente e contromano. Al militare, invece, si imputa di aver mantenuto una distanza “estremamente ravvicinata” e una velocità “inidonea” a prevenire la collisione, oltre all’accusa di lesioni personali nei confronti di Bouzidi.
Le accuse di falso ideologico e depistaggio
Il cuore della nuova fase dell’inchiesta riguarda le accuse di falsità ideologica e depistaggio che coinvolgono diversi militari. Secondo gli inquirenti, i verbali redatti subito dopo l’incidente sarebbero stati alterati per nascondere la reale dinamica dei fatti. In particolare, quattro carabinieri sono accusati di falso ideologico per aver omesso di menzionare l’urto tra i due mezzi, attestando invece che lo scooter fosse “scivolato” a causa di un “sovrasterzo”. Una versione che, secondo l’accusa, contrasta con le ricostruzioni della Polizia Locale e con le immagini acquisite.
Le omissioni non si fermerebbero qui. Nei verbali mancherebbe qualsiasi riferimento a:
- La presenza di un testimone oculare.
- L’esistenza di una dashcam sull’auto di servizio e di una bodycam personale, dispositivi che avrebbero ripreso l’intero inseguimento.
- Lo “schiacciamento” del corpo di Ramy da parte della vettura dei carabinieri nella fase finale dell’incidente.
A queste accuse si aggiunge quella, pesantissima, di depistaggio. Due carabinieri avrebbero infatti costretto un testimone a cancellare dei video girati con il cellulare, arrivando a minacciarlo di denuncia. Altri due militari sono indagati per aver costretto un’altra persona a eliminare nove file video dal proprio telefono.
Il nodo della perizia cinematica
Un elemento centrale e controverso dell’indagine è rappresentato dalla perizia cinematica. Una prima consulenza, disposta dalla stessa Procura, sembrava scagionare il carabiniere alla guida, attribuendo l’intera responsabilità dell’incidente alla condotta “sconsiderata e pericolosa” di Fares Bouzidi e definendo corretto l’operato del militare. Tuttavia, i pubblici ministeri, Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, non hanno ritenuto conclusiva tale perizia, evidenziando la divergenza con le consulenze delle altre parti e sottolineando il tema della distanza “inidonea” tenuta dall’auto dell’Arma. Per questo motivo, la Procura si è vista respingere per ben due volte la richiesta di un nuovo incidente probatorio per una nuova perizia, ma non ha ancora deciso se procedere con la richiesta di rinvio a giudizio.
Un quadro complesso in attesa di giudizio
Con otto indagati in totale (sette carabinieri e l’amico della vittima), l’inchiesta sulla morte di Ramy Elgaml si avvia verso la fase processuale. Le accuse delineano un quadro preoccupante che va oltre la tragica fatalità di un incidente stradale, toccando i principi di trasparenza e correttezza che devono sempre guidare l’operato delle forze dell’ordine. Sarà ora compito della magistratura fare piena luce su ogni aspetto di questa dolorosa vicenda, per accertare le responsabilità e garantire giustizia per Ramy Elgaml.
