Bruxelles, 4 dicembre 2025 – In una mossa che ridefinisce ulteriormente il panorama energetico e geopolitico del continente, l’Unione Europea ha messo a segno un doppio colpo contro il Cremlino, alzando il livello dello scontro economico con la Russia. In una giornata definita “storica” dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, le istituzioni europee hanno raggiunto un’intesa per uno stop graduale ma totale alle importazioni di gas russo e, parallelamente, la Commissione ha presentato un audace piano per utilizzare gli asset russi congelati a sostegno dell’Ucraina. Una doppia mossa che, se da un lato mira a prosciugare le casse da cui Mosca finanzia la sua aggressione, dall’altro rivela le complesse dinamiche e le divisioni interne all’Unione.

Una Svolta Energetica Storica: Addio al Gas Russo

Dopo intense negoziazioni in “trilogo” tra Consiglio e Parlamento europeo, è stato raggiunto un accordo politico provvisorio per porre fine in modo permanente alla dipendenza energetica da Mosca, un pilastro della strategia RepowerEU. L’intesa prevede un calendario preciso e giuridicamente vincolante per l’azzeramento delle forniture.

Nel dettaglio, il piano di phase-out prevede le seguenti scadenze:

  • Gas Naturale Liquefatto (GNL): Per i contratti a breve termine conclusi prima del 17 giugno 2025, lo stop è fissato al 25 aprile 2026. Per i contratti a lungo termine, il divieto si applicherà dal 1° gennaio 2027. L’eliminazione totale delle importazioni di GNL è prevista entro il 31 dicembre 2026.
  • Gas da Gasdotto: Per i contratti a breve termine, l’interruzione avverrà il 17 giugno 2026. Per i contratti a lungo termine, la cessazione è prevista per il 30 settembre 2027, con una possibile proroga al 1° novembre 2027 in caso di difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi di stoccaggio.

“Oggi chiudiamo i rubinetti del gas russo. È una decisione storica”, ha dichiarato il Commissario europeo per l’Energia, Dan Jørgensen, sottolineando come l’Europa non tornerà mai più alla “pericolosa dipendenza dalla Russia”. L’impatto di questa decisione è già visibile: se all’inizio della guerra l’UE pagava a Mosca 12 miliardi di euro al mese per i combustibili fossili, questa cifra è ora scesa a 1,5 miliardi, con l’obiettivo di arrivare a zero.

Tuttavia, la strada non è priva di ostacoli. L’Ungheria, guidata da Viktor Orbán e fortemente dipendente dalle forniture russe, ha già annunciato l’intenzione di fare ricorso alla Corte di Giustizia Europea, definendosi la “longa manus dello Zar”. Anche la Slovacchia ha espresso forti perplessità.

La Partita Complessa degli Asset Congelati

Se sull’energia l’accordo sembra ormai in dirittura d’arrivo, ben più complessa e controversa è la seconda mossa di Bruxelles: l’utilizzo dei beni sovrani russi congelati per finanziare l’Ucraina. La Commissione ha presentato una proposta legislativa per creare un “Prestito di riparazione” a favore di Kiev, che secondo le stime necessiterà di circa 135 miliardi di euro nei prossimi due anni per sostenere lo sforzo bellico e avviare la ricostruzione.

L’idea di fondo è quasi un principio per l’UE: la Russia ha il dovere legale di pagare per i danni causati dalla sua aggressione. La proposta prevede di utilizzare la liquidità generata dagli asset russi immobilizzati, stimati in circa 210 miliardi di euro in totale, per erogare prestiti a Kiev. Questi prestiti verrebbero poi rimborsati “se e quando la Russia pagherà le riparazioni di guerra”. Un punto cruciale della proposta della Commissione è che, a differenza dei prestiti basati sul bilancio comune che richiedono l’unanimità, questa misura potrebbe essere approvata con una maggioranza qualificata dei 27 stati membri.

Qui, però, si scontra con la ferma opposizione del Belgio. Il paese è al centro della questione, poiché la maggior parte di questi asset (circa 193 miliardi di euro) è detenuta presso il depositario titoli Euroclear, con sede a Bruxelles. Il governo belga, guidato da Bart De Wever, ha definito la proposta “insoddisfacente”, temendo enormi rischi legali e finanziari. La preoccupazione principale è che, in caso di ritorsioni legali da parte di Mosca, il Belgio potrebbe essere costretto a rimborsare somme colossali, esponendo il paese a rischi insostenibili. Anche la Banca Centrale Europea ha espresso delle perplessità, comunicando di non poter agire come prestatore di ultima istanza per Euroclear in questo scenario, complicando ulteriormente il piano.

La decisione finale su questo delicato dossier è attesa per il summit europeo del 18 dicembre, dove la Presidente von der Leyen cercherà di forzare la mano per trovare il consenso politico necessario, tentando di superare i veti di Belgio e Ungheria.

La Reazione del Cremlino e le Prospettive Future

La reazione di Mosca non si è fatta attendere. Il Cremlino ha minimizzato l’impatto delle sanzioni, affermando che la Russia ha ormai sviluppato una sorta di “immunità economica” e che lo stop al gas “peserà” sull’economia europea. Il portavoce Dmitry Peskov ha definito le sanzioni un'”arma a doppio taglio” che avrà effetti negativi anche sui paesi promotori. L’ambasciatore russo a Roma ha parlato di “furto del secolo” in riferimento all’ipotesi di utilizzare gli asset congelati.

Mentre la guerra diplomatica ed economica si intensifica, a Bruxelles l’idea di una pace a breve termine appare un’utopia. L’Unione Europea prosegue sulla sua linea, determinata a far sì che “la guerra costi per Putin”, come ribadito da von der Leyen. Il duplice approccio su gas e asset segna un punto di non ritorno nelle relazioni con la Russia, spingendo l’Europa verso una piena indipendenza energetica e un ruolo sempre più attivo nel sostegno finanziario e militare all’Ucraina, nonostante le evidenti sfide interne.

Di atlante

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