Milano – Sembra un’era geologica fa, ma sono trascorsi solo tre anni. Era il 30 novembre 2022 quando, quasi in sordina, la società californiana OpenAI rendeva disponibile al mondo una semplice interfaccia conversazionale: ChatGPT. Quello che allora appariva come un affascinante esperimento si è rivelato l’innesco di una delle più profonde e rapide rivoluzioni tecnologiche della storia moderna. L’intelligenza artificiale generativa, capace di dialogare, scrivere testi, creare codice, immagini e video, è uscita dai laboratori per entrare prepotentemente nella vita quotidiana di milioni di persone, ridisegnando i confini dell’economia, della creatività e del lavoro.

Oggi, l’entusiasmo iniziale si confronta con una realtà complessa, fatta di opportunità straordinarie ma anche di timori concreti: dalla stabilità del mercato del lavoro alla disinformazione, dalla privacy alla salute mentale degli utenti, fino allo spettro di una bolla economica pronta a scoppiare. OpenAI, nata nel 2015 come fondazione no-profit con la missione di “salvare l’umanità dall’IA malevola”, si è trasformata in un colosso a scopo di lucro che macina accordi miliardari e punta a una delle più grandi quotazioni in borsa di sempre.

Una crescita esponenziale: i numeri di un fenomeno globale

I dati sulla diffusione di ChatGPT sono a dir poco sbalorditivi. A luglio 2025, secondo le rilevazioni dei ricercatori di OpenAI e dell’economista di Harvard David Deming, il chatbot registrava circa 700 milioni di utenti attivi settimanali. Questo significa che quasi un essere umano su dieci nel mondo interagisce con la piattaforma, inviando un totale di oltre 2,5 miliardi di messaggi ogni giorno. L’obiettivo dichiarato dalla compagnia è raggiungere il miliardo di utenti entro la fine del 2025. La crescita, inoltre, si è dimostrata particolarmente rapida nei paesi a basso e medio reddito, segnalando una democratizzazione dell’accesso a questa tecnologia.

Questa adozione di massa ha costretto i giganti della tecnologia a una rincorsa frenetica. Aziende come Google (con Gemini), Meta, e la cinese DeepSeek hanno accelerato i loro investimenti per non perdere terreno in un mercato che ridefinisce gli equilibri di potere a livello globale. L’arena competitiva oggi è affollata, con attori come Anthropic, Cohere e Mistral AI che propongono alternative specializzate o open-source, spingendo l’innovazione a ritmi vertiginosi.

La fame di calcolo: l’accordo strategico con Amazon

La corsa verso modelli di IA sempre più potenti ha un costo esorbitante, soprattutto in termini di potenza di calcolo. È in questo contesto che si inserisce il recente e monumentale accordo siglato tra OpenAI e Amazon. La società guidata da Sam Altman si è impegnata a pagare 38 miliardi di dollari in sette anni ad Amazon Web Services (AWS) per garantirsi l’accesso alla sua immensa infrastruttura cloud.

Questo accordo strategico non solo fornisce a OpenAI la capacità computazionale necessaria per addestrare e far funzionare i suoi modelli, inclusa la prossima generazione di IA, ma segna anche un importante cambiamento di rotta. Se prima OpenAI era legata quasi esclusivamente a Microsoft, suo primo grande investitore, ora sta diversificando i suoi fornitori, riducendo la dipendenza da un singolo partner e guadagnando maggiore flessibilità. L’intesa prevede la fornitura di centinaia di migliaia di processori grafici (GPU) di Nvidia, l’hardware fondamentale che alimenta la rivoluzione dell’IA.

Verso l’Intelligenza Artificiale Generale (AGI) e la Borsa

L’obiettivo ultimo di Sam Altman e di OpenAI non è mai stato un segreto: raggiungere l’Intelligenza Artificiale Generale (AGI), un’IA con capacità cognitive equivalenti o superiori a quelle umane. L’ultima versione di ChatGPT, lanciata durante l’estate, è stata presentata come un ulteriore passo in questa direzione. Altman stesso ha dichiarato che l’azienda sta già guardando oltre, verso una “superintelligenza”.

Questa ambizione richiede capitali colossali. Per questo motivo, nonostante le smentite di rito, OpenAI sta preparando il terreno per una delle Offerte Pubbliche Iniziali (IPO) più attese e potenzialmente ricche della storia. Le indiscrezioni parlano di una possibile quotazione in borsa tra il 2026 e il 2027, con una valutazione che potrebbe raggiungere la cifra stratosferica di 1.000 miliardi di dollari. Una IPO fornirebbe ad OpenAI l’accesso al capitale pubblico necessario per sostenere i costi di una corsa tecnologica senza precedenti.

Le ombre della rivoluzione: impatto sociale e timori di una bolla

Se da un lato l’IA generativa promette di aumentare la produttività e democratizzare l’accesso alla conoscenza, dall’altro solleva interrogativi cruciali che la società non può ignorare. L’impatto sul mondo del lavoro è forse la preoccupazione più sentita, ma non l’unica. Altre sfide includono:

  • Disinformazione e sicurezza: La capacità di generare contenuti realistici apre la porta a nuove forme di manipolazione dell’informazione.
  • Privacy: I modelli di IA vengono addestrati su enormi quantità di dati, sollevando questioni sulla protezione delle informazioni personali.
  • Impatto psicologico: Si discute molto degli effetti dell’interazione costante con le IA sulla salute mentale, specialmente dei più giovani.
  • Concentrazione di potere: Il controllo di una tecnologia così potente nelle mani di poche grandi aziende private è fonte di un acceso dibattito geopolitico.

Infine, l’enorme flusso di investimenti nel settore fa temere a molti analisti la formazione di una bolla speculativa. La sostenibilità economica di progetti che richiedono miliardi di dollari di infrastrutture è ancora tutta da dimostrare, e il rischio che molte illusioni possano infrangersi è concreto. Tre anni dopo, la rivoluzione di ChatGPT è in pieno svolgimento. Ha acceso un fuoco di innovazione e progresso, ma ha anche illuminato le complesse sfide che ci attendono. Il futuro non è ancora scritto, ma una cosa è certa: il mondo che conoscevamo prima del 30 novembre 2022 non esiste più.

Di davinci

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