Roma – Il mondo dello sport italiano si è fermato per tributare l’ultimo, commosso saluto a una delle sue icone più luminose e carismatiche: Nicola Pietrangeli. Nella cornice solenne del Foro Italico, il tempio che lo ha visto trionfare e che oggi ospita il campo a lui intitolato, si è tenuta la camera ardente per la leggenda del tennis azzurro. Un addio sentito, partecipato, che ha raccolto familiari, amici, istituzioni e i protagonisti di ieri e di oggi di quello sport che Pietrangeli ha incarnato come nessun altro.
Le parole più toccanti sono arrivate da Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP), che ha tracciato un ritratto intimo e profondo del campione. “Ha deciso di andare via in punta di piedi aspettando i due mesi più belli del tennis italiano”, ha dichiarato Binaghi, con la voce rotta dall’emozione. Un riferimento, neanche troppo velato, ai recenti successi che hanno riportato l’Italia ai vertici del tennis mondiale, quasi un passaggio di consegne ideale da parte di chi, quel tricolore, lo ha difeso con orgoglio per una vita intera.
Una Voce Fuori dal Coro, un Simbolo Eterno
Binaghi ha ricordato il carattere unico di Pietrangeli, la sua schiettezza, il suo essere “una voce fuori dal cuore”. Una personalità forte, a tratti spigolosa ma sempre autentica, che non temeva di esprimere le proprie opinioni, anche quando andavano controcorrente. “I nostri ragazzi oggi non hanno avuto tempo di conoscere bene Nicola e apprezzarne i nostri valori com’è successo a noi, ma lui è stato il tennis italiano”, ha aggiunto il presidente FITP, sottolineando come l’eredità di Pietrangeli vada oltre i trofei e i record, per diventare un patrimonio di valori e di identità per l’intero movimento. Per molti, Pietrangeli non era solo il tennis italiano, “per molti era l’Italia”.
Un legame, quello tra Binaghi e Pietrangeli, profondo e consolidato nel tempo. “Insieme abbiamo ricostruito il tennis italiano. Ci ha protetto quando eravamo giovani, brutti, scarsi, sporchi e soprattutto poveri”, ha confessato Binaghi in un altro ricordo, evidenziando il ruolo cruciale di Pietrangeli nel ridare credibilità internazionale al tennis azzurro in momenti difficili. “Girare il mondo con Nicola Pietrangeli era una garanzia, ci permetteva di lavorare se i risultati non arrivavano. Venivamo accettati ovunque soltanto grazie a lui”.
L’Abbraccio dei Compagni del ’76
A rendere omaggio al loro capitano e amico, non potevano mancare i compagni di un’impresa che ha segnato la storia dello sport italiano: la conquista della Coppa Davis nel 1976 a Santiago del Cile. Presenti alla commemorazione, visibilmente commossi, Adriano Panatta e Tonino Zugarelli, due dei “Quattro Moschettieri” che, sotto la guida di Pietrangeli capitano, portarono in Italia la prima, storica “insalatiera”. Quella vittoria non fu solo un trionfo sportivo, ma un evento dal forte impatto politico e sociale, ottenuto in un Cile sotto la dittatura di Pinochet. Pietrangeli stesso definì la decisione di andare a giocare quella finale “il match diplomatico più difficile” della sua vita.
La presenza di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli al Foro Italico ha rievocato l’immagine di una squadra unita, un gruppo di talenti straordinari che ha cambiato la percezione del tennis in Italia, trasformandolo da sport d’élite a fenomeno di massa. Un’eredità che oggi, con i successi di una nuova generazione di campioni, appare più viva che mai.
Un’Eredità Immortale
Nato a Tunisi l’11 settembre 1933, Nicola Pietrangeli è stato molto più di un tennista. È stato un’icona di stile e classe, un talento purissimo capace di incantare le folle con il suo rovescio poetico e la sua eleganza naturale. È stato il primo italiano a vincere per due volte il Roland Garros (1959 e 1960) e l’unico a essere inserito nella prestigiosa International Tennis Hall of Fame di Newport. I suoi record in Coppa Davis, con 164 partite disputate, di cui 120 vinte, restano un monumento quasi irraggiungibile.
Accanto al feretro, allestito sul campo da gioco come da sua volontà, è stata esposta proprio la Coppa Davis del 1976, simbolo della sua più grande vittoria da capitano. L’ultimo saluto è stato accompagnato dalle note di Charles Aznavour e Frank Sinatra, a suggellare una vita vissuta intensamente, sempre “a modo suo”.
Con l’addio a Nicola Pietrangeli, se ne va un pezzo di storia dello sport italiano. Ma il suo spirito, la sua passione e la sua classe rimarranno per sempre impressi nella terra rossa del Foro Italico e nel cuore di tutti gli appassionati, come un faro che continuerà a illuminare il futuro del tennis azzurro.
