WASHINGTON D.C. – Alta tensione nei Caraibi e corridoi infuocati a Washington. Il Pentagono ha difeso con fermezza la legalità delle sue aggressive operazioni antinarcotici nelle acque internazionali, al centro di un acceso dibattito dopo un controverso attacco avvenuto lo scorso 2 settembre. In quella data, un’imbarcazione sospettata di trasportare droga è stata colpita dalle forze statunitensi, un’azione che ha sollevato interrogativi e critiche sulla sua legittimità e sulle sue modalità.
In un briefing con la stampa, la portavoce del Pentagono, Kingsley Wilson, ha dichiarato che le operazioni sono “legali” e “in linea con le leggi internazionali”. Ha inoltre sottolineato che l’Ammiraglio Frank Bradley, comandante che ha supervisionato l’operazione, “ha preso la decisione giusta” e gode del “pieno sostegno” del Segretario alla Difesa, Pete Hegseth. Questa presa di posizione giunge in un momento delicato, con l’ammiraglio che si prepara a testimoniare davanti alle commissioni per le Forze Armate del Senato e della Camera per chiarire i dettagli degli attacchi contro le imbarcazioni, spesso di provenienza venezuelana.
La dinamica dell’attacco del 2 settembre
L’incidente del 2 settembre è diventato un caso emblematico. Secondo le ricostruzioni, dopo un primo attacco che ha colpito l’imbarcazione, sarebbe stato ordinato un secondo raid per distruggere completamente il natante e, secondo alcune fonti critiche, per eliminare i sopravvissuti. Questa seconda azione ha scatenato un’ondata di polemiche, con alcuni legislatori che l’hanno definita un potenziale crimine di guerra. La Casa Bianca ha confermato che fu l’Ammiraglio Bradley a ordinare il secondo attacco, specificando che agì “ben all’interno della sua autorità e della legge” per “garantire che la barca fosse distrutta e la minaccia eliminata”.
Il Segretario Hegseth ha difeso l’operato, citando la “nebbia della guerra” e affermando di non aver visto sopravvissuti in acqua. Tuttavia, questa versione è stata accolta con scetticismo da parte di alcuni settori del Dipartimento della Difesa e del Congresso, che temono che Bradley possa diventare un capro espiatorio per proteggere le alte sfere dell’amministrazione.
Un’escalation nella “guerra alla droga”
Questi raid si inseriscono in una più ampia e intensificata campagna militare statunitense contro il narcotraffico nella regione. Dall’inizio delle operazioni, sono stati condotti almeno 21 attacchi che hanno causato la morte di oltre 80 persone, definite dal Pentagono “narco-terroristi”. L’amministrazione Trump ha formalmente dichiarato al Congresso di essere in un “conflitto armato non internazionale” con i cartelli della droga, designandoli come “gruppi armati non statali”. Questa designazione fornisce la base legale, secondo la Casa Bianca, per l’uso della forza letale contro imbarcazioni senza bandiera che trasportano cocaina, in una logica di “autodifesa collettiva” per tagliare i fondi ai cartelli.
La massiccia presenza militare statunitense nella regione, che include navi da guerra e migliaia di soldati, non si vedeva da decenni e ha alimentato le tensioni, in particolare con il Venezuela. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha accusato Washington di usare la lotta al narcotraffico come pretesto per un “cambio di regime” a Caracas.
Le implicazioni legali e internazionali
La questione della legalità degli attacchi è complessa. Mentre il Pentagono insiste sulla conformità con il diritto statunitense e internazionale, inclusa la legge sui conflitti armati, diversi esperti di diritto internazionale e alcune nazioni alleate hanno espresso forti perplessità. Il manuale di diritto bellico dello stesso Pentagono stabilisce che “gli ordini di sparare sui naufraghi sarebbero chiaramente illegali”. Paesi come Regno Unito, Paesi Bassi, Canada e Colombia hanno limitato o sospeso la condivisione di intelligence con gli Stati Uniti per timore che possa essere utilizzata per compiere violazioni dei diritti umani.
Le commissioni parlamentari hanno avviato indagini bipartisan per fare piena luce sulla vicenda, richiedendo l’accesso a tutto il materiale audio e video relativo all’attacco del 2 settembre. La testimonianza dell’Ammiraglio Bradley sarà un momento cruciale per comprendere la catena di comando e le giustificazioni legali di un’operazione che continua a far discutere il mondo.
Chi è l’Ammiraglio Frank Bradley
L’Ammiraglio Frank “Mitch” Bradley è un ufficiale di grande esperienza dei Navy SEAL. Al momento dell’attacco del 2 settembre, era al comando del Joint Special Operations Command (JSOC). Successivamente, è stato promosso a capo dello U.S. Special Operations Command (SOCOM), una posizione di vertice nelle forze speciali americane, confermata dal Senato. La sua carriera lo ha visto impegnato in teatri operativi cruciali, come l’Afghanistan post 11 settembre. Ora, si trova al centro di una tempesta politica e legale che potrebbe avere ripercussioni significative sulla sua carriera e sulla dottrina militare statunitense.
