Nel giorno del lutto per la scomparsa di Nicola Pietrangeli, leggenda del tennis italiano e mondiale spentosi all’età di 92 anni, arrivano le parole dell’ex tennista perugino Francesco Cancellotti. Un ricordo che, affidato all’ANSA, dipinge un ritratto a tinte chiaroscurali del grande campione, evidenziandone tanto il carisma quanto un certo egocentrismo.

UN CARISMA INNEGABILE, UN’AUTOSTIMA DEBORDANTE

“Nicola Pietrangeli è stato un personaggio di grande carisma”, ha esordito Cancellotti, riconoscendo una delle doti che hanno reso Pietrangeli una figura iconica ben oltre i campi da tennis. Tuttavia, l’ex numero 21 del mondo ha subito aggiunto un dettaglio significativo sulla personalità del due volte vincitore del Roland Garros: “Però considerava forte solo sé stesso mentre tutti gli altri valevano poco”.

Questa affermazione getta una luce diversa sul carattere di un atleta che ha fatto la storia dello sport italiano, suggerendo una personalità complessa, forse consapevole in modo smisurato del proprio talento e del proprio status. Un’autostima che, secondo Cancellotti, sfociava in una scarsa considerazione per i colleghi e gli avversari.

L’EPISODIO DELLA COPPA DAVIS IN FINLANDIA

A sostegno della sua tesi, Cancellotti ha rievocato un episodio specifico: un viaggio in Finlandia per seguire la Coppa Davis. “Era un periodo nel quale il nostro tennis non era ancora esploso”, ha precisato, contestualizzando il momento storico. In quell’occasione, pur mostrando un lato socievole, l’atteggiamento di Pietrangeli confermò l’impressione di Cancellotti: “Fu socievole ma per lui erano tutte…”. La frase, lasciata volutamente in sospeso, lascia intendere un giudizio non lusinghiero nei confronti degli altri giocatori presenti.

Questo aneddoto offre uno spaccato inedito del “dietro le quinte” del tennis italiano di quegli anni, un periodo di transizione tra l’era gloriosa di Pietrangeli e l’ascesa della generazione successiva, di cui lo stesso Cancellotti faceva parte. Francesco Cancellotti, nato a Perugia nel 1963, è stato uno dei protagonisti del tennis italiano negli anni ’80, raggiungendo il suo best ranking al numero 21 del mondo il 15 aprile 1985. Vincitore di due titoli ATP a Firenze e Palermo nel 1984, è stato numero 1 d’Italia nel 1985 e 1986, vantando undici presenze in Coppa Davis.

“PIETRANGELI E PANATTA SONO STATI IL TENNIS ITALIANO”

Nonostante le critiche sul piano caratteriale, Cancellotti ha concluso il suo ricordo con un riconoscimento inequivocabile dell’importanza storica di Pietrangeli, accomunandolo all’altra grande leggenda del tennis azzurro, Adriano Panatta. “È una mancanza che si sentirà perché Pietrangeli e Panatta sono stati il tennis italiano”, ha affermato. Una frase che suggella l’impatto indelebile che questi due campioni hanno avuto su questo sport in Italia, ispirando generazioni e scrivendo pagine memorabili.

Il rapporto tra Pietrangeli e Panatta è stato a sua volta complesso, un misto di rivalità, stima e amicizia che ha attraversato decenni. Dalla storica vittoria in Coppa Davis del 1976, con Pietrangeli capitano e Panatta giocatore di punta, a screzi e riappacificazioni che hanno alimentato le cronache sportive. Lo stesso Panatta, nel ricordare l’amico scomparso, ha parlato di un legame forte, fatto anche di “beccate” che erano parte del loro gioco.

L’EREDITÀ DI UN CAMPIONE

La scomparsa di Nicola Pietrangeli lascia un vuoto incolmabile nel mondo dello sport. Primo italiano a vincere uno Slam, con i due trionfi consecutivi al Roland Garros nel 1959 e 1960, detentore di record ancora imbattuti in Coppa Davis, Pietrangeli è stato un fenomeno non solo sportivo ma anche di costume. Le parole di Cancellotti, pur nella loro schiettezza, non scalfiscono l’eredità sportiva del campione, ma contribuiscono a renderne il ritratto più umano e tridimensionale. Un uomo dal talento immenso e dal carattere forte, consapevole del proprio valore fino, forse, a sminuire quello altrui. Un gigante che, insieme a Panatta, ha definito un’epoca, lasciando un’impronta eterna sul tennis italiano.

Di nike

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