BRUXELLES – Un vento di tensione soffia sull’Atlantico, agitando le acque delle relazioni commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti. Al centro della contesa, due dossier apparentemente distanti ma che Washington tenta di intrecciare in un complesso negoziato: la regolamentazione europea del settore tecnologico e i dazi su acciaio e alluminio. La risposta di Bruxelles non si è fatta attendere: ferma, chiara e decisa nel difendere la propria autonomia legislativa.

La Commissione Europea, attraverso la voce di un suo portavoce, ha messo in chiaro che “l’Europa ha il diritto sovrano di legiferare”. Questa dichiarazione giunge in risposta diretta alle recenti affermazioni del segretario al Commercio statunitense, Howard Lutnick, e del rappresentante per il Commercio, Jamieson Greer. Durante un incontro a Bruxelles, i due alti funzionari americani hanno esplicitamente collegato la possibilità di ridurre le tariffe sull’acciaio e l’alluminio europei a una revisione delle norme UE sul digitale, ritenute troppo penalizzanti per le Big Tech americane. Un approccio che a Bruxelles è stato percepito quasi come un “ricatto”, come definito dalla vicepresidente esecutiva della Commissione, Teresa Ribera.

La Sovranità Digitale Europea Non è Negoziabile

Il cuore del messaggio europeo è inequivocabile: la legislazione digitale, che include pilastri come il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA), non è sul tavolo dei negoziati commerciali. “L’obiettivo della nostra legislazione digitale è proteggere i consumatori e le imprese europee”, ha sottolineato il portavoce, aggiungendo che le norme “si applicano allo stesso modo a tutte le aziende, indipendentemente dal loro Paese di origine”. Si tratta, dunque, di una questione di principio e di tutela del mercato unico, non di una manovra discriminatoria contro le aziende statunitensi, come invece sostenuto da Washington.

Il DSA e il DMA sono stati concepiti per creare un ambiente online più sicuro e per garantire una concorrenza leale, limitando il potere di mercato delle grandi piattaforme online, definite “gatekeeper”. Queste normative, entrate in vigore a partire dal 2022, impongono obblighi stringenti in materia di moderazione dei contenuti, trasparenza pubblicitaria e interoperabilità dei servizi, con sanzioni pesanti per i trasgressori. L’amministrazione USA, tuttavia, le ha più volte criticate, sostenendo che prendano di mira ingiustamente i colossi tecnologici americani come Google, Amazon, Apple e Meta.

Acciaio e Digitale: Due Capitoli Distinti

Fonti europee hanno tenuto a precisare con forza che i dossier dell’acciaio e del digitale sono e devono rimanere separati. La questione dei dazi sull’acciaio, imposti originariamente dall’amministrazione Trump, è da tempo oggetto di complesse discussioni transatlantiche e rientra in un quadro di accordi commerciali specifici, come la dichiarazione congiunta siglata la scorsa estate. Tentarne un collegamento con la legislazione digitale è visto come un’indebita forzatura negoziale.

Da parte sua, Washington non sembra arretrare. Lutnick ha suggerito che un “approccio equilibrato” da parte dell’UE sulle norme digitali potrebbe sbloccare “mille miliardi di dollari di investimenti” americani in Europa, un’opportunità che, a suo dire, Bruxelles non dovrebbe lasciarsi sfuggire. Una visione che però non scalfisce la posizione della Commissione, la quale, pur dichiarandosi “sempre aperta a discutere con partner affini”, non intende barattare la propria sovranità normativa.

Il braccio di ferro tra le due sponde dell’Atlantico è dunque destinato a continuare. Mentre il commissario al Commercio, Maroš Šefčovič, prosegue il dialogo con le controparti americane, la linea di Bruxelles resta salda: la protezione dei cittadini e la regolamentazione del mercato interno sono pilastri fondanti dell’Unione, e su questi non si accettano compromessi dettati da interessi commerciali esterni.

Di davinci

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