Un recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate ha riacceso i riflettori su una delle imposte più controverse del sistema fiscale italiano: la cosiddetta “tassa etica” o “Pornotax”. Con la risposta a un interpello datata 4 novembre, l’Amministrazione Finanziaria ha stabilito che anche i contribuenti titolari di partita Iva in regime forfettario sono tenuti al versamento del prelievo aggiuntivo del 25% sui ricavi derivanti dalla produzione e vendita di materiale pornografico. Una decisione che impatta direttamente sul crescente numero di creator digitali che operano su piattaforme come OnlyFans e che ha immediatamente sollevato un polverone politico e normativo.
La precisazione dell’Agenzia delle Entrate: cosa cambia per i forfettari
La questione nasce dalla richiesta di un contribuente che sollevava dubbi sulla compatibilità tra il regime forfettario, che prevede un’imposta sostitutiva agevolata, e l’applicazione della “tassa etica”, introdotta dalla legge finanziaria del 2006 (Legge n. 266/2005). L’Agenzia, nella risposta n. 285/E, ha dissipato ogni incertezza: il regime forfettario sostituisce l’Irpef, le addizionali regionali e comunali e l’Irap, ma non esclude l’applicazione di imposte addizionali come, appunto, la “tassa etica”. Pertanto, anche chi beneficia del regime agevolato non è esonerato da questo specifico tributo, in quanto la normativa istitutiva non prevede esclusioni esplicite.
Il Fisco ha precisato che sono soggette all’addizionale del 25% le attività di “produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico o di incitamento alla violenza”. Tuttavia, un punto cruciale emerso dalla risposta è che l’applicazione non sarà automatica per tutti i creator su piattaforme per adulti. L’Agenzia ha infatti sottolineato che la natura pornografica dei contenuti verrà valutata caso per caso.
Cosa si intende per “materiale pornografico”?
La definizione a cui fare riferimento è contenuta in un DPCM del 13 marzo 2009. Secondo tale decreto, si considera “materiale pornografico” qualsiasi opera (giornali, opere teatrali, letterarie, cinematografiche, audiovisive o multimediali) in cui siano presenti “immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti”. Questa definizione, se da un lato sembra circoscritta, dall’altro lascia aperti ampi margini di interpretazione nell’era digitale, sollevando interrogativi su contenuti borderline che potrebbero non rientrare pienamente in questa casistica.
Le reazioni del mondo politico e le critiche
La conferma dell’estensione della tassa ai forfettari non ha tardato a scatenare reazioni politiche. In prima linea si sono schierati esponenti di Azione, con la vicepresidente Giulia Pastorella e il senatore Marco Lombardo che hanno annunciato la presentazione di un emendamento alla legge di bilancio per eliminare la tassa. “Tassare di più i lavoratori che si ritiene facciano un lavoro immorale, seppure legale, non ha nulla di etico. È un vero e proprio abuso che non possiamo tollerare”, hanno dichiarato congiuntamente. La loro posizione è sostenuta anche dalla campagna “Stop tassa etica” promossa da Radicali Italiani, che definisce l’imposta una “discriminazione fiscale fondata su un giudizio morale”.
Le obiezioni del contribuente e le lacune normative
Nonostante il chiarimento, rimangono sul tavolo le perplessità sollevate dal contribuente che ha presentato l’interpello. Quest’ultimo ha contestato l’esistenza di una “lacuna normativa” sull’applicabilità della tassa ai forfettari. Tra i punti sollevati:
- L’assenza di indicazioni ufficiali e codici tributo specifici per il versamento da parte dei forfettari, che renderebbe di fatto impossibile calcolare e versare correttamente le somme dovute.
- La risoluzione che ha istituito i codici tributo per la “tassa etica” fa riferimento solo a contribuenti IRPEF e IRES, escludendo di fatto i regimi agevolati.
Queste obiezioni evidenziano una zona grigia normativa che, secondo i critici, l’interpello non ha completamente risolto, lasciando i contribuenti in una condizione di incertezza operativa.
Un’imposta controversa fin dalla sua nascita
La “Pornotax” ha una storia travagliata fin dalla sua prima proposta nel 2002. Concepita con l’intento di tassare un settore considerato da alcuni “eticamente sensibile”, ha sempre diviso l’opinione pubblica e il mondo politico. L’attuale dibattito, rinvigorito dall’esplosione di nuove piattaforme di contenuti digitali, ripropone antiche questioni sulla liceità di utilizzare lo strumento fiscale per esprimere un giudizio morale su attività legali. Mentre l’Agenzia delle Entrate ha tracciato una linea, la discussione politica e sociale è destinata a continuare, in un settore che attende ancora regole chiare e definitive.
