Il mondo dei creator digitali e dei professionisti che operano su piattaforme come OnlyFans è in subbuglio. Una recente precisazione dell’Agenzia delle Entrate, contenuta nella risposta a un interpello del 4 novembre, ha stabilito un punto fermo destinato a ridisegnare il panorama fiscale del settore: anche i contribuenti in regime forfettario dovranno versare la cosiddetta “tassa etica”, meglio nota come “Pornotax”. Si tratta di un prelievo aggiuntivo del 25% sui ricavi derivanti dalla produzione e vendita di materiale pornografico, una misura che ora investe direttamente una vasta platea di lavoratori autonomi che avevano scelto il regime fiscale agevolato.

La notizia, diffusa tramite la webzine dell’Agenzia, FiscoOggi, ha confermato che l’imposta sostitutiva del regime forfettario non esclude l’applicazione di questa addizionale specifica. Questo chiarimento pone fine a mesi di incertezze e interpretazioni divergenti, ma apre al contempo nuovi e complessi scenari, soprattutto per i circa 45.000 creator italiani (su un totale stimato di 85.000) che operano su OnlyFans con Partita IVA in regime forfettario.

Cos’è la Tassa Etica e perché si applica ai Forfettari

Istituita con la legge finanziaria del 2006 (Legge n. 266/2005), la “tassa etica” è un’addizionale alle imposte sui redditi (IRPEF e IRES) pari al 25%. Colpisce i redditi derivanti dalla “produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico o di incitamento alla violenza”. Non è un’imposta a sé stante, ma si somma a quelle già dovute.

Il nodo della questione, sciolto dall’Agenzia delle Entrate, riguardava la sua compatibilità con il regime forfettario. Quest’ultimo prevede un’imposta unica e sostitutiva (al 15% o al 5% per le startup) che prende il posto di IRPEF, addizionali regionali e comunali e IRAP. Molti ritenevano che tale natura “sostitutiva” escludesse altre imposte. Il contribuente che ha presentato l’interpello ha infatti sollevato il punto di una “lacuna normativa”, evidenziando come la legge istitutiva non distinguesse tra regimi fiscali e come i codici tributo facessero riferimento solo a IRPEF e IRES.

La risposta dell’Agenzia è stata però inequivocabile: il regime forfettario è un regime agevolato, ma la sua imposta sostitutiva non copre tutte le possibili tassazioni. Poiché la “tassa etica” non rientra tra le imposte esplicitamente sostituite, essa deve essere versata anche dai contribuenti forfettari, in quanto non espressamente esclusi dalla normativa.

Come si calcola per i Forfettari?

Il calcolo dell’addizionale per un contribuente in regime forfettario segue una logica specifica, diversa da quella del regime ordinario. Ecco i passaggi:

  • Si isolano i ricavi o compensi derivanti specificamente dalla vendita di contenuti considerati pornografici.
  • A questi ricavi si applica il coefficiente di redditività previsto dal proprio codice ATECO (che determina la percentuale del fatturato su cui si calcolano le tasse).
  • Sul reddito imponibile così ottenuto, si calcola l’addizionale del 25%.

Facciamo un esempio pratico: un creator con un coefficiente di redditività del 67% che guadagna 20.000 euro da contenuti soggetti a tassa etica, avrà un reddito imponibile di 13.400 euro. Su questa cifra, dovrà versare un’addizionale di 3.350 euro, oltre all’imposta sostitutiva del 5% o 15% calcolata sul suo reddito imponibile totale.

Il grande dubbio: cosa è “pornografico” per il Fisco?

Se da un lato l’Agenzia ha chiarito chi deve pagare, dall’altro ha lasciato aperto un interrogativo cruciale: cosa si intende esattamente per “materiale pornografico”? La legge fa riferimento a opere “in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti”. Tuttavia, la linea di demarcazione con l’erotismo è spesso sottile e soggettiva.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che la valutazione sulla natura dei contenuti sarà effettuata “caso per caso”. Questa discrezionalità crea una notevole incertezza per i creator, che potrebbero trovarsi a subire accertamenti fiscali senza avere criteri chiari e oggettivi a cui attenersi. La domanda che molti si pongono è emblematica: la foto dei piedi venduta su OnlyFans rientra nella categoria? Al momento, non esiste una risposta definitiva, e appare improbabile che l’amministrazione finanziaria possa dedicare funzionari all’analisi di ogni singolo contenuto.

Una tassa dalla storia controversa e dal futuro incerto

La “Pornotax” ha una storia travagliata. Proposta per la prima volta nel 2002 dall’allora deputato di Forza Italia Vittorio Emanuele Falsitta, fu inizialmente ritirata per poi essere ripresentata e approvata. Fin dalla sua introduzione, ha sollevato un acceso dibattito politico e critiche da più parti. I produttori del settore l’hanno sempre osteggiata, mentre alcuni esponenti politici ne chiedono oggi l’abolizione. La vicepresidente di Azione, Giulia Pastorella, e il senatore Marco Lombardo l’hanno definita una misura priva di etica, che “tassa di più i lavoratori che si ritiene facciano un lavoro immorale, seppure legale”.

Questa ultima precisazione dell’Agenzia delle Entrate riaccende i riflettori su un’imposta controversa, che ora impatta direttamente sull’economia digitale dei piccoli professionisti. La “creator economy” si trova così di fronte a una nuova sfida fiscale, in un contesto normativo che, seppur più chiaro su alcuni aspetti, rimane ambiguo e potenzialmente penalizzante su altri.

Di atlante

Un faro di saggezza digitale 🗼, che illumina il caos delle notizie 📰 con analisi precise 🔍 e un’ironia sottile 😏, invitandovi al dialogo globale 🌐.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *