Un applauso scrosciante ha accolto Vincent Lindon nella giornata di chiusura del Torino Film Festival, un tributo non solo all’attore di fama internazionale ma all’uomo capace di trasformare il palco in un pulpito da cui lanciare messaggi di vibrante urgenza civile e culturale. Insignito della prestigiosa Stella della Mole, il riconoscimento conferito dal Museo Nazionale del Cinema, Lindon ha offerto al pubblico una riflessione profonda e appassionata sul valore imprescindibile della cultura, sul futuro delle nuove generazioni e sul ruolo del cinema come strumento di coscienza critica. Le sue parole, taglienti e dirette, hanno risuonato come un monito severo in un’epoca di incertezze economiche e sociali.

“Se si riduce il budget per la cultura, si riduce il cervello umano. Un crimine”

Il cuore del suo intervento è stato un accorato appello al mondo della politica, un grido d’allarme contro la tendenza a considerare la cultura come un settore secondario, sacrificabile sull’altare del bilancio. “I politici dovrebbero ricordarsi che se si riduce il budget per la cultura, si riducono la bellezza, la curiosità e il sogno. Quello che si riduce è il cervello umano. Un crimine”. Con questa frase, Lindon ha scolpito una verità lapidaria, sottolineando come l’investimento nell’arte, nella letteratura, nel teatro e nel cinema non sia un lusso, ma una necessità vitale per la crescita intellettuale ed emotiva di una società. Privare i cittadini, e in particolare i giovani, di queste risorse significa, secondo l’attore, commettere un vero e proprio delitto contro il potenziale umano.

Uno sguardo pieno di speranza verso i giovani

Nonostante la durezza della sua critica, lo sguardo di Lindon si è poi posato con infinita fiducia sulle nuove generazioni. “Mi appassionano, parlo il più possibile con ragazzini di tutte le età, li trovo intelligenti, rapidi, inventivi, molto più di quanto noi lo eravamo alla loro età”. L’attore francese ha espresso una sincera ammirazione per la vitalità e l’ingegno dei giovani, in particolare per coloro che scelgono la difficile strada del cinema. A loro, però, ha voluto lasciare un consiglio prezioso: “devono avere il coraggio di non farsi ingoiare dal pensiero prevalente”. Un invito a preservare l’autenticità, l’originalità e il pensiero critico, armi indispensabili per non soccombere all’omologazione culturale che minaccia la nostra epoca.

Torino, l’Italia e una “leggerezza” liberatoria

Per la prima volta a Torino, Lindon si è detto affascinato dalla città e, più in generale, dall’Italia, un paese che ama “perché c’è leggerezza”. Ha raccontato con ironia un aneddoto vissuto nel suo albergo, dove, riuscendo ad aprire una finestra al settimo piano che pensava fosse bloccata per ragioni di sicurezza, ha riflettuto sulla mentalità italiana: “gli italiani sono meno paranoici, qui siamo liberi, chi vuole suicidarsi può farlo”. Una battuta che, al di là del tono scherzoso, rivela una profonda stima per un approccio alla vita meno opprimente e più incline alla libertà individuale, un’atmosfera che ha definito un “piacere” fin dal primo passo sul suolo italiano.

“En guerre”: il cinema che racconta la precarietà del presente

La presenza di Vincent Lindon a Torino è stata anche l’occasione per presentare il film “En guerre”, diretto da Stéphane Brizé, quarta collaborazione tra l’attore e il regista. L’opera, di un’attualità disarmante, narra le lotte dei lavoratori di una fabbrica che rischia la chiusura nonostante i sacrifici fatti dai dipendenti e i profitti dell’azienda. “È un film che amo moltissimo, uno dei più belli, purtroppo di grande attualità”, ha commentato Lindon. “Parla di persone che sono precarie da anni, una situazione che purtroppo resterà così molto a lungo”. L’immagine evocata dall’attore è potente e desolante: “Ho l’impressione che siamo a bordo di una nave che imbarca acqua e cerchiamo di svuotarla con un bicchierino”. In questo contesto, il cinema diventa per Lindon un atto di resistenza, un tentativo, seppur piccolo, di “cambiare qualcosa”, con la speranza che un giorno i suoi figli possano riconoscere il valore del suo impegno.

Le parole di Vincent Lindon, pronunciate con la passione che contraddistingue le sue intense interpretazioni, lasciano un segno profondo. Sono un richiamo alla responsabilità collettiva, un invito a difendere la cultura come baluardo di civiltà e a credere nel potenziale trasformativo delle nuove generazioni. Un messaggio che, dal palco del Torino Film Festival, si proietta ben oltre la sala, interrogando le coscienze e spronando all’azione.

Di euterpe

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