La transizione verso la mobilità elettrica in Europa subisce una nuova, potente scossa. Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha messo nero su bianco i dubbi che da tempo serpeggiavano in una parte consistente dell’industria e della politica, inviando una lettera ufficiale alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. La richiesta è chiara: riconsiderare il divieto totale di vendita di auto nuove con motori termici (benzina e diesel) a partire dal 2035. Una mossa che ha immediatamente trovato il sostegno di colossi dell’automotive come Stellantis, il cui responsabile europeo, Emanuele Cappellano, ha accolto con favore “tutte le misure che favoriscono un ritorno rapido e sostenibile alla crescita dell’industria automobilistica europea”.
La Posizione della Germania: Neutralità Tecnologica e Competitività
Nella sua missiva, il cancelliere Merz non chiede un passo indietro sulla lotta al cambiamento climatico, ma un cambio di approccio. L’obiettivo, secondo il governo tedesco, deve essere una regolamentazione “favorevole all’innovazione, aperta alle nuove tecnologie ed equilibrata tra protezione dell’ambiente e competitività industriale”. Berlino spinge per il principio della neutralità tecnologica, convinta che per raggiungere gli obiettivi climatici sia necessario considerare le emissioni dell’intero parco circolante, non solo delle nuove immatricolazioni.
Questo significa aprire le porte a soluzioni alternative all’elettrico puro, come i motori a combustione altamente efficienti, i veicoli ibridi plug-in, le elettriche con “range extender” (un piccolo motore a benzina che ricarica la batteria) e, soprattutto, i carburanti sintetici (e-fuel) e i biocarburanti avanzati. Secondo Merz, queste tecnologie possono contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni, offrendo al contempo maggiore flessibilità a un’industria che sta affrontando una transizione costosa e complessa, resa ancora più ardua dalla concorrenza globale, in particolare quella cinese.
La posizione tedesca è frutto di un’intesa raggiunta all’interno della coalizione di governo e riflette le forti pressioni del settore automobilistico nazionale, che teme la perdita di posti di lavoro e di competitività legata a una transizione esclusivamente elettrica. Molti posti di lavoro in Germania, infatti, dipendono ancora direttamente dalla produzione di motori a combustione.
La Reazione dell’Industria: Stellantis e il Fronte dei Costruttori
Le parole di Emanuele Cappellano, a nome di Stellantis, sono emblematiche della posizione di buona parte del settore. L’apprezzamento per l’iniziativa tedesca non è un “no” all’elettrico, ma una richiesta di realismo e pragmatismo. I costruttori, tra cui Volkswagen, Mercedes e BMW, hanno investito miliardi nella mobilità elettrica ma si trovano a fronteggiare una domanda più lenta del previsto e una serie di ostacoli.
Le associazioni di categoria come ACEA (Associazione dei costruttori europei di automobili) e CLEPA (Associazione europea dei fornitori automobilistici) hanno più volte espresso frustrazione per la mancanza di un piano “olistico e pragmatico” da parte dell’UE, sottolineando come l’approccio basato solo su target di CO2 per le auto nuove non sia fattibile. Tra le criticità evidenziate ci sono:
- Costi di produzione elevati: le auto elettriche rimangono più costose delle equivalenti termiche.
- Infrastruttura di ricarica: ancora insufficiente a supportare una diffusione di massa.
- Dipendenza dall’Asia: in particolare per le materie prime e la produzione di batterie.
- Preoccupazioni occupazionali: la transizione sta mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, come dimostrano le proteste nello stabilimento Stellantis di Termoli, dove la promessa Gigafactory non è ancora partita.
Il Dibattito a Bruxelles: Verso una Revisione?
La lettera di Merz arriva in un momento cruciale. La Commissione europea, sotto la pressione crescente di diversi Stati membri e dell’industria, aveva già manifestato l’intenzione di rivedere il regolamento. Una nuova proposta è attesa per il 10 dicembre e sarà parte di un pacchetto più ampio di misure per il settore. L’intervento tedesco, data l’influenza economica e politica della Germania, potrebbe essere decisivo per orientare la discussione verso una maggiore flessibilità.
Tuttavia, il fronte non è compatto. Paesi come Francia e Spagna si sono mostrati contrari a deroghe, pur ammettendo la necessità di un supporto all’industria. Inoltre, esiste un forte movimento di aziende legate alla filiera dell’elettrico (come Volvo e numerose compagnie energetiche) e di associazioni ambientaliste che spingono per non annacquare gli obiettivi del 2035, temendo che le “scappatoie” per i motori a combustione possano ritardare la transizione ecologica e sprecare gli investimenti già fatti.
Al centro del dibattito c’è anche la normativa europea sulle flotte aziendali, che rappresentano circa il 60% delle nuove immatricolazioni. La Commissione sta valutando di imporre per questo settore l’obbligo di acquisto di soli veicoli elettrici già dal 2030, una misura vista come un potente acceleratore per la decarbonizzazione ma anche come un’ulteriore sfida per i costruttori. La richiesta di Merz di rivedere anche questa normativa è considerata un fattore chiave per il futuro della produzione automobilistica in Europa.
La partita è dunque aperta. La decisione che prenderà Bruxelles nelle prossime settimane non definirà solo il futuro del motore a scoppio, ma traccerà il percorso dell’intera politica industriale e ambientale dell’Unione Europea per i decenni a venire, in un difficile equilibrio tra ambizioni ecologiche e sostenibilità economica.
