ROMA – La ricerca della verità sulla strage di Ustica, uno dei misteri più fitti e dolorosi della storia repubblicana italiana, subisce un nuovo rinvio ma non si arresta. Nell’udienza tenutasi presso il tribunale di Roma, il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Livio Sabatini ha deciso di non decidere, per ora, sulla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura. La nuova data cerchiata in rosso sul calendario è quella del 19 dicembre. Una decisione interlocutoria, presa al termine di un’udienza durata circa un’ora, che riaccende un faro su una ferita mai rimarginata, quella del 27 giugno 1980, quando il volo di linea IH870 della compagnia aerea Itavia, in viaggio da Bologna a Palermo, si squarciò in volo, inabissandosi nel Mar Tirreno e portando con sé le vite di 81 persone.
LE DISPOSIZIONI DEL GIP: IDENTIFICARE TUTTE LE PARTI OFFESE
Il giudice Sabatini ha emesso due importanti disposizioni. La prima, fondamentale per la corretta prosecuzione del procedimento, è quella di individuare tutte le parti offese. Per fare ciò, ha ordinato l’acquisizione dell’elenco completo dei familiari superstiti delle vittime, un documento custodito presso il Ministero dell’Interno. Questo passaggio formale garantisce che ogni singola persona che ha subito una perdita in quella tragica notte possa essere formalmente riconosciuta e avere voce nel procedimento.
In secondo luogo, il Gip si è riservato di decidere su una richiesta specifica, avanzata da una delle parti offese e appoggiata dalla Procura, ma contrastata da altri familiari: quella di chiamare nel procedimento, sempre come parte offesa, anche la Presidenza del Consiglio dei ministri. Una mossa che, se accolta, riconoscerebbe formalmente anche lo Stato italiano come entità danneggiata dalla strage.
LA BATTAGLIA DEI FAMILIARI: “NUOVE PROVE, OBBLIGO DI CONTINUARE”
Presenti in aula, come sempre da 45 anni a questa parte, c’erano i familiari delle vittime, rappresentati dall’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica. La loro posizione è netta e irremovibile: non è tempo di archiviare. Anzi, proprio dagli atti della stessa Procura che chiede di chiudere il caso, emergerebbero nuovi e cruciali elementi. “Proprio nella richiesta di archiviazione è stata individuata la presenza ufficiale quella notte di una portaerei francese, sempre smentita dalla Francia,” hanno dichiarato al termine dell’udienza. “Si sono trovate le prove che c’era effettivamente una esercitazione in cielo. Davanti a questa evidenza è chiaro che ci sia l’obbligo di continuare le indagini”.
Queste parole sottolineano un paradosso doloroso: gli stessi documenti che dovrebbero porre fine all’inchiesta conterrebbero le prove per cui, secondo i familiari, dovrebbe invece proseguire con ancora più vigore. La menzione della portaerei francese, mai ammessa ufficialmente da Parigi, e la conferma di un’intensa attività militare quella notte, rafforzano lo scenario di una battaglia aerea, pista da sempre considerata la più probabile.
L’INCHIESTA DELLA PROCURA: TRA SCENARI DI GUERRA E MANCANZA DI PROVE
Al vaglio del giudice ci sono due richieste di archiviazione, ora riunificate. La prima risale al 2008, aperta in seguito alle clamorose dichiarazioni dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che parlò di un missile francese lanciato per errore. La seconda, più recente, è del 2022, avviata dopo un esposto dell’Associazione per la verità su Ustica. Entrambi i fascicoli sono contro ignoti.
Gli inquirenti, pur avendo sollecitato numerose rogatorie internazionali, in particolare verso Francia e Stati Uniti, e ascoltato una lunga serie di testimoni, sostengono di non aver raccolto elementi sufficienti per identificare i responsabili materiali e formulare accuse precise. Tuttavia, la Procura stessa esclude categoricamente la pista di una bomba esplosa a bordo o di un cedimento strutturale, confermando come scenario più plausibile quello di un “episodio di guerra aerea”. Una conclusione che, pur senza colpevoli, avvalora la tesi di un aereo civile finito nel mezzo di un conflitto non dichiarato nei cieli italiani.
UNA VERITÀ ATTESA DA QUASI MEZZO SECOLO
La decisione del prossimo 19 dicembre sarà un altro snodo cruciale in una vicenda giudiziaria e umana che si trascina da quasi mezzo secolo. Da un lato, la realistica difficoltà della magistratura di trovare, dopo tanto tempo e di fronte a evidenti depistaggi e muri di gomma internazionali, prove in grado di reggere in un processo penale. Dall’altro, la tenacia incrollabile dei familiari che, sostenuti da nuovi indizi, si rifiutano di accettare un’archiviazione che suonerebbe come una resa dello Stato. Se la magistratura non riuscirà ad andare fino in fondo, affermano, dovrà essere il Governo a intervenire, perché una Repubblica non può permettersi di lasciare 81 dei suoi cittadini senza verità e giustizia.
