Una tragedia sfiorata che scuote la comunità di Ciriè, nel cuore del Canavese. Una donna di 38 anni è stata arrestata e trasferita nel carcere di Torino con la pesantissima accusa di tentato omicidio. La drammatica vicenda è venuta alla luce lunedì, quando la donna ha partorito in casa, in circostanze ancora da chiarire, per poi abbandonare la sua bambina appena nata con la testa immersa nell’acqua del water. La Procura di Ivrea, che coordina le indagini dei carabinieri, ha modificato l’ipotesi di reato iniziale da tentato infanticidio a tentato omicidio, segno della gravità degli elementi raccolti.
La scoperta e i soccorsi disperati
A trovare la neonata e a lanciare l’allarme è stato lo zio della donna, nonché fratello, rientrando nell’appartamento dove la 38enne era tornata a vivere da qualche mese con la madre. L’uomo si è trovato di fronte a una scena agghiacciante: la piccola, in condizioni critiche, era nel water, mentre la sorella era in stato di shock e perdeva molto sangue. La sua chiamata al 112 è stata provvidenziale. Gli operatori del 118, intervenuti tempestivamente, hanno praticato le prime, disperate manovre di rianimazione sulla neonata, che sarebbe rimasta senza ossigeno per un tempo prolungato.
Dopo essere stata stabilizzata sul posto, la bambina è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Ciriè e, successivamente, trasferita nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale Maria Vittoria di Torino, dove si trova tuttora ricoverata. Le sue condizioni sono definite estremamente gravi e la prognosi resta riservata. I medici temono possibili danni cerebrali irreversibili a causa della prolungata anossia. Anche la madre è stata inizialmente ricoverata all’ospedale di Ciriè a causa di una forte emorragia post-parto, prima di essere dimessa e condotta in carcere.
Il racconto della madre non convince gli inquirenti
Interrogata dagli inquirenti, la 38enne, con un passato di tossicodipendenza e già seguita dai servizi sociali e psichiatrici, ha fornito una versione dei fatti che non ha convinto gli investigatori. La donna ha dichiarato di non essersi mai resa conto di essere incinta e di essere stata colta di sorpresa dalle doglie, partorendo in preda al panico e allo spavento. Un racconto giudicato “poco attendibile” dai carabinieri, che stanno cercando di ricostruire meticolosamente ogni minuto di quel tragico pomeriggio. Secondo alcune ricostruzioni, la donna avrebbe partorito sotto l’effetto di crack. Anche i familiari, sentiti dagli inquirenti, hanno affermato di essere stati completamente all’oscuro della gravidanza.
La bambina, secondo quanto emerso, è nata prematura, al settimo mese di gestazione. Questo dettaglio, insieme al contesto di grave disagio sociale e personale in cui viveva la donna, aggiunge ulteriori elementi di complessità a una vicenda che presenta ancora molti lati oscuri.
Le indagini della Procura di Ivrea
La Procura di Ivrea procede con determinazione per fare piena luce sulla dinamica dei fatti. Il passaggio dall’ipotesi di tentato infanticidio a quella di tentato omicidio indica che, allo stato attuale delle indagini, non sarebbero emerse le “condizioni di abbandono materiale e morale” che caratterizzano la prima fattispecie di reato. L’attenzione degli investigatori è ora concentrata sulla credibilità delle dichiarazioni della donna e sulla ricostruzione del suo stato psicofisico al momento del parto. Si dovrà accertare se il suo gesto sia stato dettato da un momento di smarrimento e negazione della gravidanza o da una volontà lucida di sopprimere la vita appena data alla luce. Una storia di profondo dolore e degrado che impone una riflessione sulle reti di supporto sociale e sulla capacità di intercettare i segnali di un disagio così estremo.
