Il meccanismo della truffa: donazioni digitali e manipolazione emotiva

La sedicente sensitiva, operante sui social media, avrebbe convinto le sue vittime di poterle mettere in contatto con i loro cari defunti. In cambio di questa presunta possibilità, le donne versavano donazioni digitali, convertibili in denaro contante, che in alcuni casi raggiungevano anche i 700 euro. Secondo la denuncia presentata alla Procura di Napoli, le vittime, particolarmente vulnerabili a causa del lutto, venivano sottoposte a pressioni psicologiche e umiliazioni pubbliche durante le dirette social.

Vittime in Italia e all’estero: una rete di dolore e inganno

Le segnalazioni documentate indicano che la rete della presunta medium si estendeva ben oltre i confini italiani. Tra le vittime, infatti, figurano residenti in Italia, Svizzera e Germania. La sensitiva, secondo le accuse, teneva i contatti con i defunti e poi riferiva ai parenti collegati via social. In alcuni casi, con l’aiuto della figlia, avrebbe utilizzato voci finte per simulare l’intervento delle anime, un comportamento che le vittime descrivono come manipolatorio e lesivo della dignità emotiva di chi si trova in lutto.

Moderatori e pressioni: il ruolo dei complici nella truffa

Durante le dirette social, la presunta sensitiva si avvaleva anche di moderatrici che prendevano di mira chi decideva di abbandonare il collegamento o di smettere di donare. Questo sistema di pressione psicologica contribuiva a mantenere le vittime intrappolate nella rete dell’inganno, sfruttando la loro vulnerabilità e il desiderio di comunicare con i propri cari scomparsi.

Supporto psicologico e legale: l’intervento dell’associazione ‘La Battaglia di Andrea’

L’associazione “La Battaglia di Andrea” sta fornendo supporto psicologico e legale alle vittime della presunta sensitiva, con l’avvocato Sergio Pisani. L’associazione si è attivata per offrire un aiuto concreto alle donne che hanno subito questo inganno, fornendo loro assistenza legale e un sostegno psicologico per superare il trauma subito.

La falsa identità: psicologa e operatrice di un centro antiviolenza

Una delle denuncianti ha rivelato che molte delle donne si sono fidate della sedicente sensitiva perché questa si presentava anche come psicologa impiegata in un centro antiviolenza. Questo elemento avrebbe accresciuto in modo decisivo il sentimento di fiducia delle vittime, inducendole a credere di trovarsi davanti a una figura competente e affidabile. La falsa identità ha quindi giocato un ruolo cruciale nel convincere le donne a fidarsi e a donare denaro.

Riflessioni sulla vulnerabilità e l’inganno

Questa vicenda mette in luce la vulnerabilità di persone in lutto e la spietatezza di chi sfrutta il dolore altrui per fini economici. È fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica su queste forme di truffa emotiva e fornire strumenti di supporto alle vittime, affinché possano riconoscere e denunciare tali abusi.

Di veritas

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