La ricerca: un’analisi territoriale dei femminicidi
Uno studio condotto da docenti e ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell’Università Sapienza di Roma, presentato durante l’incontro “Una prospettiva territoriale sui femmicidi” su iniziativa della senatrice del Pd Cecilia D’Elia, ha rivelato una correlazione inattesa tra femminicidi e contesti di emancipazione femminile in Italia. La ricerca, intitolata “Femicides, Anti-violence Centers and Policy Targeting”, utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per analizzare la distribuzione geografica dei femminicidi e dei centri antiviolenza (Cav) nel paese.
I risultati indicano che i femminicidi tendono a concentrarsi in aree dove, pur essendoci un certo grado di emancipazione femminile, la cultura patriarcale rimane profondamente radicata. Questo crea un terreno fertile per reazioni violente da parte di uomini che percepiscono l’autonomia femminile come una minaccia al loro status quo.
Disparità nella distribuzione dei centri antiviolenza
Un altro aspetto critico emerso dalla ricerca riguarda la distribuzione dei Cav sul territorio nazionale. L’analisi ha evidenziato che la presenza dei centri antiviolenza non corrisponde pienamente alle aree a maggior rischio di femminicidio, e che le nuove aperture non avvengono necessariamente dove c’è maggiore urgenza. Questo suggerisce una mancanza di pianificazione strategica nella localizzazione dei servizi di supporto alle donne vittime di violenza.
La reazione alla libertà: un fattore scatenante
La senatrice Cecilia D’Elia ha commentato i risultati della ricerca, sottolineando che “tanta violenza oggi è reazione alla libertà”. Ha citato l’esempio di Giulia Cecchettin, affermando che molti femminicidi avvengono quando una donna dice no o raggiunge traguardi importanti, come la laurea. Questo fenomeno, secondo lo studio, è particolarmente evidente nelle nuove generazioni, dove si assiste a una polarizzazione tra chi abbraccia l’emancipazione femminile e chi la rifiuta violentemente.
Politiche di prevenzione e rafforzamento dei centri antiviolenza
La senatrice D’Elia ha sottolineato l’importanza delle politiche di prevenzione per contrastare la violenza contro le donne, evidenziando la necessità di rafforzare la rete dei centri antiviolenza. Ha criticato l’approccio attuale, in cui spesso si colpevolizzano le donne che non denunciano, senza affrontare le lacune nel sistema di supporto e protezione. “Si parla spesso di tutte queste donne che non denunciano e se poi denunci, c’è l’allontanamento, ti danno pure il braccialetto e poi sei uccisa lo stesso… altro che vittimizzare le donne che non denunciano. Il tema è quanto siamo capaci di aiutare le donne quando denunciano”.
La senatrice ha inoltre sollevato la questione dei braccialetti elettronici, chiedendo una revisione del contratto e una maggiore efficacia nel proteggere le donne che li indossano. Ha concluso sottolineando che la lotta contro la violenza di genere è una questione aperta che richiede un impegno culturale e un adeguato finanziamento dei servizi di supporto.
Riflessioni sulla complessità del fenomeno
La ricerca presentata offre una prospettiva preziosa sulla complessità del fenomeno dei femminicidi in Italia. Evidenzia come la violenza di genere non sia un problema isolato, ma un fenomeno radicato in dinamiche sociali e culturali profonde. La correlazione tra femminicidi e contesti di emancipazione femminile con radici patriarcali suggerisce che la lotta contro la violenza di genere richiede un approccio multidimensionale, che combini politiche di prevenzione, rafforzamento dei servizi di supporto e un cambiamento culturale profondo.
