Inchiesta ‘Deep Impact’: Un colpo al cuore del fondale marino
Un’indagine durata due anni, culminata nell’operazione ‘Deep Impact’, ha portato alla luce una pratica devastante per l’ecosistema marino: la pesca illegale dei datteri di mare. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Trani, ha rivelato come questa attività, che prevede l’utilizzo di martelli per estrarre i datteri dalle rocce, fosse diventata una consuetudine dannosa, causando danni spesso irreversibili al fondale marittimo. Il procuratore capo Renato Nitti ha sottolineato come l’operazione sollevi interrogativi profondi su una questione culturale legata al consumo di questo prelibato, ma illegale, frutto di mare.
Dettagli dell’operazione: Numeri e accuse
L’operazione, condotta dalla capitaneria di porto di Molfetta, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 57 persone, tra cui 54 persone fisiche e tre enti. Le accuse contestate sono ben 84, tra cui associazione a delinquere, danneggiamento e deturpamento di beni paesaggistici, inquinamento, disastro ambientale, minacce a pubblico ufficiale e illeciti amministrativi a carico degli enti coinvolti. Le misure cautelari applicate sono state severe: 25 persone sono finite in carcere, 10 agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, 3 con obbligo di dimora e 11 con divieto di dimora e di esercitare attività di impresa. Sono stati inoltre eseguiti dieci sequestri, tra cui immobili adibiti alla vendita dei prodotti e natanti utilizzati per la pesca illegale.
La filiera illegale: Dal prelievo alla rivendita
Il sostituto procuratore Francesco Tosto, che ha coordinato le indagini, ha descritto una filiera ben strutturata che partiva dal ‘danneggiamento’ del fondale marino per arrivare all’intermediazione, all’acquisto e alla rivendita del pescato. La zona interessata dall’attività illecita si estendeva da Molfetta a Barletta. Il comandante della capitaneria di porto di Molfetta, Raffaello Muscariello, ha quantificato il giro d’affari in oltre mezzo milione di euro, sottolineando il danno inestimabile causato all’ambiente. Le intercettazioni telefoniche, definite fondamentali dal comandante della direzione marittima di Bari, Donato De Carolis, hanno permesso di ricostruire la rete di relazioni, i ruoli degli indagati e la loro consapevolezza delle proprie azioni.
Organizzazione e modus operandi
Gli indagati, secondo quanto accertato, erano suddivisi in tre gruppi che collaboravano tra loro, scambiandosi mezzi e coordinandosi per evitare sovrapposizioni nelle attività di pesca. Ogni membro aveva un ruolo specifico: c’era il ‘dattarolo’, che si immergeva con bombole e martello per estrarre i datteri, e chi si occupava dell’intermediazione con pescherie, ristoranti e privati. Il procuratore Nitti ha evidenziato come questa divisione di compiti rendesse la filiera particolarmente efficiente e redditizia.
L’importanza delle intercettazioni
Il procuratore Nitti ha concluso sottolineando l’importanza delle intercettazioni come strumento investigativo, ribadendo come siano fondamentali per smantellare reti criminali complesse e portare alla luce reati ambientali di questa portata. “Pensare che le intercettazioni siano uno strumento superato è qualcosa di completamente scollegato dalla realtà”, ha affermato il procuratore, evidenziando il ruolo cruciale che hanno avuto nel ricostruire la rete criminale e nel portare all’arresto dei responsabili.
Un monito per la tutela dell’ambiente marino
L’operazione ‘Deep Impact’ rappresenta un importante successo nella lotta contro i crimini ambientali e un monito per la tutela del nostro mare. La distruzione del fondale marino causata dalla pesca illegale dei datteri di mare è un problema grave che richiede un impegno costante da parte delle istituzioni e una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori. È fondamentale contrastare la domanda di questo prodotto illegale per proteggere un ecosistema fragile e prezioso.
