L’ennesimo rinvio: la perizia scagiona gli indagati
Ancora un rinvio, l’ennesimo capitolo in una saga giudiziaria che sembra non avere fine. Gli undici indagati nell’ultima inchiesta su Unabomber dovranno attendere ancora per vedere la parola fine su un incubo che li perseguita da anni. Nonostante fosse già evidente l’assenza di corrispondenza tra il loro profilo genetico e quello del bombarolo che ha seminato il panico nel Nordest dal 1994 al 2006, la superperizia dell’ex capo dei Ris, Giampietro Lago, e dell’antropologa molecolare forense, Elena Pilli, ha sancito ufficialmente l’estraneità degli indagati. Nessuno di loro è Unabomber.
L’esito dell’incidente probatorio
L’incidente probatorio, svoltosi presso il tribunale di Trieste, ha analizzato 300 pagine di conclusioni degli esperti, supportate da oltre 10.000 allegati. L’esito è stato un nulla di fatto: Unabomber resta senza nome e senza volto. Tuttavia, permangono reperti che, in futuro, potrebbero rivelarsi utili per l’identificazione del responsabile.
Contaminazioni e nuove indagini
Nel corso dell’udienza è emersa una contaminazione di alcuni reperti, nello specifico due coppie di peli, da parte di soggetti identificati come agenti di polizia giudiziaria. L’avvocato di Elvo Zornitta, Maurizio Paniz, ha richiesto l’identificazione dei responsabili della contaminazione, richiesta accolta dal giudice per le indagini preliminari (GIP), Flavia Mangiante. Questo sarà probabilmente l’ultimo atto giudiziario prima che il fascicolo torni alla procura e venga archiviato definitivamente, data l’imminente prescrizione anche dell’ultimo attentato.
Il numero degli indagati e le critiche alla perizia
Oltre agli undici indagati “storici”, l’indagine ha coinvolto, con prelievi del DNA, altre 52 persone, per un totale di 63. Alcuni difensori hanno criticato le modalità della perizia, sostenendo che i risultati avrebbero potuto escludere gli indagati storici già un anno e mezzo fa. Si è preferito, invece, completare gli accertamenti su tutti i soggetti coinvolti e depositare conclusioni uniche.
Le parole di Elvo Zornitta
“Anche in questa seconda inchiesta la parola umanità resta sconosciuta”, ha commentato Elvo Zornitta, l’ingegnere pordenonese per anni al centro dei sospetti. “Ci hanno fatto soffrire 18 mesi in più del lecito, ma si rendono conto che dietro le inchieste ci sono delle persone con le loro famiglie?” Zornitta ha espresso gratitudine verso la moglie e la figlia, definite “uniche ragioni di vita” durante un periodo drammatico. Ha poi aggiunto: “Capisco che c’era la necessità di portare a termine un’opera scientifica mastodontica e ringrazio i periti del loro lavoro egregio, ma penso che qualcosa nell’ordinamento vada modificato. Diciotto mesi possono sembrare un soffio per chi conduce una normale esistenza, ma per chi è stato nuovamente indagato come possibile Unabomber, dopo che un tribunale aveva definitivamente accertato la manomissione delle prove a mio carico, sono un’eternità, un tempo infinito, un periodo in cui ti trovi nuovamente sospeso sull’abisso, pur sapendo di non aver mai fatto nulla”.
L’appello finale: “Dimenticatemi”
Zornitta ha concluso con un appello accorato: “Dimenticatemi. La mia vita è stata rovinata per sempre, con il marchio di Unabomber stampato in faccia. È stato un incubo lungo oltre 20 anni. Ma ora basta: almeno la vecchiaia, permettetemi di trascorrerla in pace, con la mia famiglia, guardando negli occhi, senza paura di essere giudicato, le persone che incontro”.
Riflessioni su un caso irrisolto
Il caso Unabomber continua a sollevare interrogativi inquietanti sulla giustizia e sull’impatto delle indagini sulla vita delle persone. La vicenda di Elvo Zornitta, perseguitato per anni dal sospetto, evidenzia la necessità di un equilibrio tra l’esigenza di perseguire i criminali e il rispetto dei diritti individuali. Mentre la speranza di identificare Unabomber si affievolisce con il passare del tempo, resta la consapevolezza delle ferite profonde che questa storia ha lasciato nella comunità.
