I fatti: un femminicidio annunciato
La tragica vicenda di Gabriela Trandafir e Renata Trandafir, assassinate a Cavazzona di Castelfranco Emilia (Modena) il 13 ottobre 2022, riapre una ferita profonda nel tessuto sociale italiano. Salvatore Montefusco, il marito e padre, è stato condannato all’ergastolo in appello per il duplice omicidio, un atto di inaudita violenza che ha scosso l’intera comunità. Ma la giustizia non si ferma qui. Un anno prima del femminicidio, Gabriela aveva cercato aiuto, presentandosi presso la stazione dei Carabinieri del paese per denunciare il marito. Tuttavia, secondo l’accusa, la sua richiesta non fu accolta, aprendo la strada a una serie di eventi che culminarono nella tragedia.
L’omissione di soccorso: il carabiniere a processo
Il carabiniere in servizio presso la stazione dove Gabriela si era recata per sporgere denuncia è ora chiamato a rispondere di omissione o rifiuto di atti d’ufficio. Il Gip ha accolto la richiesta del suo difensore di saltare l’udienza preliminare, disponendo il giudizio immediato. L’accusa contesta al militare di aver dissuaso Gabriela dal presentare la querela, suggerendole di optare per una causa civile di separazione. Nonostante l’insistenza della donna e la sua paura per l’incolumità propria e dei figli, il carabiniere le avrebbe detto di tornare nel pomeriggio, salvo poi farla attendere in sala d’attesa, dove la presenza dell’avvocato del marito la spinse a desistere. Gabriela presentò la denuncia il giorno successivo in una stazione dell’Arma di Bologna. La Procura contesta al militare anche di non aver proceduto nei termini stabiliti alle indagini richieste, una volta che la querela fu effettivamente presentata.
La difesa del carabiniere e la posizione della famiglia
L’avvocato Cosimo Zaccaria, difensore del carabiniere, ha dichiarato di aver chiesto espressamente il processo per dimostrare l’estraneità del suo assistito ai fatti contestati. Sottolinea, inoltre, che la famiglia di Gabriela e Renata Trandafir non ha sporto alcuna denuncia contro il militare, evidenziando che il procedimento è nato su esclusivo impulso della Procura. L’avvocato Barbara Iannuccelli, che assiste i parenti delle vittime, conferma di condividere gli intenti della Procura, pur non essendo parte attiva nel procedimento. La prima udienza del processo è fissata per il 20 gennaio.
Riflessioni su un sistema che non protegge
Il caso di Gabriela e Renata Trandafir solleva interrogativi inquietanti sull’efficacia del sistema di protezione delle vittime di violenza domestica. L’omissione di un singolo individuo può avere conseguenze devastanti, ma è l’intero sistema che deve essere messo in discussione. È necessario garantire che le denunce vengano prese sul serio, che le vittime siano ascoltate e protette, e che gli operatori delle forze dell’ordine siano adeguatamente formati per riconoscere i segnali di pericolo e intervenire tempestivamente. La giustizia per Gabriela e Renata non si limita alla condanna del loro assassino, ma passa anche attraverso l’accertamento delle responsabilità di chi, pur avendo la possibilità di intervenire, non lo ha fatto.
