Un’opera provocatoria vicino alla FIGC

L’artista Laika ha colpito ancora, questa volta con un’opera di street art dal titolo “The Bloody Match”, apparsa in via Giulio Caccini a Roma, a pochi passi dalla sede della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). L’immagine raffigura un giocatore-soldato con la maglia della nazionale israeliana, numero 67, un riferimento ai 67.000 palestinesi uccisi a Gaza. Il soldato imbraccia un fucile e tiene sotto il piede un pallone insanguinato con la scritta in arabo “Gaza”. L’opera ha suscitato immediatamente un forte impatto emotivo e acceso il dibattito sull’uso della cultura calcistica in contesti politici e conflittuali.

La denuncia dell’artista: calcio e propaganda

Laika, attraverso la sua opera, denuncia “l’uso della cultura calcistica come strumento di propaganda e oppressione da parte dei soldati israeliani nel genocidio in corso a Gaza e nei territori occupati, soggetti a un regime di apartheid”. L’artista critica aspramente la decisione di permettere a Israele di partecipare alle competizioni sportive internazionali, paragonandola alla punizione inflitta alla Russia. “Da una parte si punisce la Russia, dall’altra si accoglie Israele nonostante i crimini di guerra. È la conferma che i crimini sono tali solo quando non li compie l’Occidente”, afferma Laika.

Il riferimento alle parole del ministro Abodi e l’appello ai giocatori italiani

L’artista richiama anche le parole del ministro Abodi, che aveva definito Israele “il Paese aggredito”, sottolineando che a Gaza sono stati uccisi 67.000 palestinesi, “l’equivalente di uno Stadio Olimpico pieno di uomini, donne e bambini”. Laika rivolge un appello ai giocatori della nazionale italiana, augurando loro di giocare in uno stadio vuoto, definendo la partita come “macchiata di sangue”. L’artista accusa le istituzioni sportive e politiche di essere complici di un genocidio.

Manifestazione a Udine in solidarietà con la Palestina

Laika conclude ricordando la manifestazione prevista a Udine, in Piazza della Repubblica, in sostegno al popolo palestinese e contro il genocidio, l’imperialismo occidentale e il sistema di apartheid. “Chi tifa per la giustizia e i diritti umani sarà in piazza, non allo stadio”, afferma l’artista, sottolineando che “il cessate il fuoco non cancella la devastazione e gli orrori commessi”.

Un’opera che invita alla riflessione

L’opera di Laika è un pugno nello stomaco, una provocazione che invita a riflettere sul ruolo dello sport e della cultura in contesti di conflitto. L’artista solleva interrogativi importanti sull’ipocrisia delle istituzioni internazionali e sulla responsabilità individuale di fronte a crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. L’uso di immagini forti e simboliche rende l’opera particolarmente efficace nel comunicare il messaggio di denuncia e solidarietà con il popolo palestinese.

Di euterpe

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