La neutralità statistica è un’illusione: i numeri come strumento di potere
Nel suo saggio, Donata Columbro mette in luce come la statistica non sia un’entità neutra, ma piuttosto il risultato di scelte precise e dinamiche di potere. In un ambito delicato come quello dei femminicidi, definire “cosa” contare e “come” classificare i dati diventa cruciale. L’autrice sottolinea l’assenza di un registro ufficiale dei femminicidi in Italia, una lacuna che rende difficile l’accesso a dati specifici e facilmente consultabili. Le statistiche sulla violenza contro le donne, spesso inglobate in misurazioni più ampie, rischiano di oscurare la specificità e la gravità del fenomeno.
Il femminicidio come espressione di una cultura patriarcale
Columbro evidenzia come il femminicidio non sia un fatto isolato o privato, ma l’espressione di una violenza e di un abuso di potere radicati nella struttura patriarcale delle istituzioni e in una cultura che normalizza l’egemonia maschile. La violenza, sia fisica che psicologica ed economica, e la disuguaglianza tra i sessi si manifestano anche attraverso i numeri, a condizione che questi siano organizzati in modo chiaro e sistematico.
Il ruolo cruciale delle associazioni femministe e dei ‘contro dati’
Di fronte alla carenza di dati ufficiali, il lavoro di raccolta e analisi svolto dalle associazioni femministe assume un’importanza fondamentale. Questi “contro dati”, frutto di un impegno costante sul territorio e a stretto contatto con le vittime e le loro famiglie, ampliano l’orizzonte dell’analisi, mettendo in luce similitudini, differenze e dettagli utili per comprendere la complessità del fenomeno. Grazie a questi dati, emerge come la violenza non conosca confini geografici, di età o di classe sociale, e come gli autori non siano solo individui marginali, ma spesso partner, ex partner o familiari.
Le vittime: un quadro trasversale
Columbro delinea un quadro trasversale delle vittime di femminicidio, sottolineando come potenzialmente tutte le donne siano a rischio, indipendentemente dalla loro condizione sociale, economica o professionale. Che siano studentesse, lavoratrici, sex workers, donne transessuali, disabili o madri di famiglia, nessuna è esclusa, perché il fulcro del problema risiede nel possesso, nel controllo e nel rifiuto dell’emancipazione femminile.</p
Contare come atto politico: verso un cambiamento culturale
La giornalista e scrittrice ribadisce come “contare, misurare e rendere pubblici i dati in modo disaggregato” sia un vero e proprio “atto politico”, necessario per estirpare le radici della cultura patriarcale dalla società. Questa operazione può fornire ai decisori politici gli strumenti per adottare azioni mirate, allocare fondi per supportare le vittime e promuovere una cultura di rispetto e parità di genere, a partire dalle scuole.
Un impegno collettivo per contrastare la violenza di genere
L’analisi di Donata Columbro mette in luce l’urgenza di un impegno collettivo per contrastare la violenza di genere. La consapevolezza che i numeri non siano neutri, ma strumenti di potere, ci spinge a interrogarci sulle modalità di raccolta e interpretazione dei dati. Il lavoro delle associazioni femministe, spesso silenziato o sottovalutato, si rivela fondamentale per colmare le lacune informative e per dare voce alle vittime. Solo attraverso una conoscenza approfondita del fenomeno e un’azione politica concertata sarà possibile costruire una società più giusta e rispettosa per tutte le donne.
