La Flotilla rifiuta la mediazione e punta a Gaza

La Global Sumud Flotilla, composta da circa 50 imbarcazioni cariche di aiuti umanitari, ha respinto fermamente la proposta di mediazione italiana, dichiarando l’intenzione di proseguire direttamente verso la Striscia di Gaza. L’obiettivo primario della missione, secondo gli organizzatori, è “rompere l’assedio” imposto alla regione, e qualsiasi deviazione, come lo scarico degli aiuti a Cipro, non rispetterebbe tale scopo.

Avvertimenti da Israele e preoccupazioni italiane

Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha avvertito che Israele non permetterà alle navi di entrare in una zona di combattimento attiva né la violazione di un blocco navale considerato legittimo. Il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ha espresso profonda preoccupazione in Parlamento, sottolineando che, una volta superate le acque internazionali, nessuno potrà garantire la sicurezza e l’assistenza ai partecipanti della Flotilla. La Farnesina ha sconsigliato ai partecipanti italiani di proseguire, avvertendo che chi intraprende l’iniziativa si assume tutti i rischi e le responsabilità.

Tentativi di mediazione falliti e accuse reciproche

Nonostante la situazione di stallo, Israele ha offerto agli attivisti la possibilità di scaricare gli aiuti nel porto di Ashkelon, a breve distanza da Gaza, con la promessa di un trasferimento immediato nella Striscia. Questa proposta, insieme al tentativo di mediazione italiano che prevedeva lo scarico a Cipro e il trasferimento a Gaza tramite un corridoio umanitario, è stata respinta. Da Tel Aviv, queste azioni sono interpretate come una prova che il vero scopo della Flotilla sia la provocazione e il sostegno ad Hamas, piuttosto che un autentico sforzo umanitario. La Flotilla, dal canto suo, ribadisce che Israele non ha alcuna autorità legale sulle acque di Gaza, che appartengono alla Palestina.

Rotta verso la collisione e rischi crescenti

La flotta umanitaria si sta dirigendo da Creta verso est, con un tempo stimato di navigazione di circa quattro giorni per raggiungere la zona critica, situata a 12 miglia dalla costa di Gaza, acque che Israele considera proprie. Le condizioni meteorologiche avverse potrebbero complicare ulteriormente la navigazione. La Marina Militare italiana, con la fregata Fasan (e presto l’Alpino in staffetta), insieme a un’unità militare spagnola, monitora la situazione. Crosetto ha chiarito che le navi militari italiane non hanno l’intenzione di ingaggiare un conflitto con un paese amico e non usciranno dalle acque internazionali, limitandosi a tutelare i cittadini italiani.

Il precedente del 2010 e l’appello alla responsabilità

Il ricordo del tragico evento del 2010, quando un’altra flottiglia umanitaria fu teatro di un intervento israeliano che causò la morte di dieci civili, pesa sulla situazione attuale. Crosetto ha lanciato un appello alle forze politiche, chiedendo se fosse necessario mettere a repentaglio l’incolumità di cittadini italiani per portare aiuti a Gaza. Il Partito Democratico ha espresso l’auspicio che il canale di mediazione rimanga aperto, sottolineando la crescente preoccupazione per la situazione.

Un equilibrio precario tra aiuto umanitario e sicurezza

La vicenda della Global Sumud Flotilla solleva interrogativi complessi sull’equilibrio tra l’imperativo umanitario di fornire assistenza alla popolazione di Gaza e le preoccupazioni di sicurezza di Israele. La fermezza delle posizioni e il rifiuto della mediazione evidenziano la profonda sfiducia tra le parti, rendendo il rischio di un’escalation sempre più concreto. È fondamentale che tutte le parti coinvolte agiscano con la massima responsabilità per evitare una nuova tragedia e trovare soluzioni pacifiche per alleviare le sofferenze della popolazione civile.

Di veritas

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