Una spedizione nelle profondità inesplorate

Il sommergibile Fendouzhe, durante una spedizione scientifica di oltre 2.500 chilometri nel Pacifico nordoccidentale, ha svelato un mondo nascosto nelle profondità abissali delle fosse delle Curili-Kamchatka e delle isole Aleutine occidentali. A profondità comprese tra 5.800 e 9.533 metri, un team di ricercatori guidato da Xiaotong Peng e Mengran Du dell’Accademia Cinese delle Scienze, insieme a Vladimir V. Mordukhovich dell’Accademia Russa delle Scienze, ha scoperto nuove specie animali che sfidano le nostre attuali conoscenze sulla vita negli ambienti estremi.

Vermi tubicoli e molluschi bivalvi: i protagonisti degli abissi

Tra le nuove specie identificate spiccano i vermi tubicoli marini, noti come policheti siboglinidi, creature che vivono all’interno di tubi auto-costruiti. Ma la scoperta più sorprendente riguarda i molluschi bivalvi, capaci di sintetizzare energia utilizzando l’idrogeno solforato e il metano che fuoriescono dalle faglie della placca tettonica. Questi gas, molto probabilmente prodotti da microrganismi che decompongono la materia organica nei sedimenti, diventano la fonte di energia primaria per questi organismi abissali.

Chemiosintesi: l’alternativa alla fotosintesi nell’oscurità degli abissi

In assenza di luce solare, che non raggiunge queste profondità estreme, le nuove specie utilizzano la chemiosintesi, un processo in cui l’energia viene prodotta attraverso reazioni chimiche. Questo meccanismo permette loro di prosperare in un ambiente altrimenti inospitale, dimostrando l’incredibile capacità di adattamento della vita in condizioni estreme. La chemiosintesi rappresenta una via alternativa alla fotosintesi, aprendo nuove prospettive sulla distribuzione e l’abbondanza della vita negli oceani profondi.

Implicazioni per la comprensione del ciclo del carbonio

La scoperta di queste nuove specie e del loro peculiare modo di produrre energia mette in discussione gli attuali modelli sulla vita ai limiti estremi e sul ciclo del carbonio nelle profondità oceaniche. Secondo gli autori della ricerca, forme di vita basate sulla chemiosintesi potrebbero essere più diffuse di quanto si pensasse finora, con implicazioni significative per la comprensione del ruolo degli oceani profondi nel sequestro del carbonio e nella regolazione del clima globale.

Un nuovo capitolo nella biologia degli abissi

La scoperta di queste nuove specie nelle profondità oceaniche rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione della vita negli ambienti estremi. La capacità di questi organismi di utilizzare la chemiosintesi per produrre energia apre nuove prospettive sulla potenziale esistenza di ecosistemi simili in altre zone inesplorate degli oceani, o addirittura su altri pianeti. Questa ricerca sottolinea l’importanza di continuare a esplorare e studiare gli abissi marini, un ambiente ancora in gran parte sconosciuto che potrebbe custodire segreti fondamentali per la nostra comprensione della vita sulla Terra e oltre.

Di davinci

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