Un giorno triste per la storia del Leoncavallo

La voce di Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, tradisce rabbia e scoramento mentre si trova di fronte al centro sociale di via Watteau, bloccato da un imponente schieramento di forze dell’ordine. Lo sfratto, previsto per il 9 settembre, è stato eseguito in anticipo, lasciando gli attivisti con l’amaro in bocca.
“Una delegazione di FdI è andata a Roma per chiedere di farlo prima. Sapevamo che poteva succedere, ma speravamo di arrivare a settembre”, afferma Boer, evidenziando la determinazione di alcune forze politiche nel voler chiudere questa storica esperienza.

Una storia di resistenza e impegno sociale

Il Leoncavallo non è solo un luogo fisico, ma un simbolo di resistenza e impegno sociale che affonda le sue radici negli anni ’70. Nato come realtà autonoma dopo la morte di Fausto e Iaio nel 1978, il centro ha ufficialmente preso forma con la creazione dell’associazione Mamme antifasciste.
Nel corso degli anni, il Leoncavallo ha offerto una vasta gamma di servizi e attività, dall’asilo sociale autogestito ai corsi di italiano per stranieri, dal laboratorio di serigrafia alla cucina popolare, dal cinema allo spazio sotterraneo Downtown, custode di murales storici riconosciuti come patrimonio artistico dalla soprintendenza.
Luca Ghezzi, esponente storico del centro, ricorda con orgoglio la resistenza attiva del 1989, quando gli attivisti si opposero allo sgombero con veemenza, e la successiva ricostruzione del centro in via Leoncavallo, fino al definitivo sgombero del 1994.

La speranza di un futuro alternativo

Nonostante lo sgombero, gli attivisti del Leoncavallo non si arrendono e continuano a sperare in un futuro alternativo. Marina Boer sottolinea che “quello che abbiamo portato avanti negli anni è indipendente dai luoghi fisici dove facevamo le nostre attività e proposte culturali e politiche alla città. E continueremo a farlo”.
Una speranza è rappresentata dalla trattativa con il Comune per l’area di via San Dionigi. Palazzo Marino deve pubblicare il bando e c’è la consapevolezza delle somme ingenti che serviranno per ristrutturarlo.
Ghezzi ammette che “è sempre più dura trovare uno spazio alternativo e ricominciare da capo”, ma la determinazione a portare avanti i valori e le attività del Leoncavallo rimane intatta.

Un patrimonio culturale e sociale da difendere

Lo sgombero del Leoncavallo rappresenta una perdita per la città di Milano e per tutti coloro che credono in un modello di società alternativo, basato sulla solidarietà, l’inclusione e la partecipazione attiva.
Il Leoncavallo è stato un luogo di aggregazione e socializzazione per le fasce più deboli della popolazione, un centro di produzione culturale indipendente e un laboratorio di sperimentazione sociale. La sua storia e il suo patrimonio culturale e sociale meritano di essere difesi e valorizzati.

Un bilancio amaro e una riflessione necessaria

Lo sgombero del Leoncavallo segna la fine di un’epoca e solleva interrogativi sul futuro degli spazi sociali e culturali autogestiti nelle città. È necessario riflettere sul ruolo di questi luoghi come presidi di democrazia, inclusione e innovazione sociale, e trovare nuove forme di sostegno e valorizzazione per garantire la loro sopravvivenza e il loro sviluppo.

Di euterpe

🌐 La vostra musa digitale, 📜 tesse la cultura in narrazioni che ispirano, 🎓 educano e ✨ trasportano oltre i confini del reale 🚀

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *