Netanyahu lancia l’offensiva finale a Gaza
Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha annunciato una nuova offensiva militare nella Striscia di Gaza, con l’obiettivo dichiarato di “distruggere” Hamas. In una conferenza stampa convocata per rispondere alle crescenti critiche internazionali e interne, Netanyahu ha definito Gaza City “capitale del terrore” e ha affermato che Israele non ha altra scelta se non “finire il lavoro”. La decisione è stata presa nonostante le preoccupazioni espresse da diverse parti, inclusi alleati di governo come il ministro Bezalel Smotrich, che vorrebbe annettere la Striscia.
Netanyahu ha respinto le accuse di affamare la popolazione civile di Gaza, definendole “menzogne di Hamas”. Ha affermato che l’obiettivo di Israele non è occupare Gaza, ma “liberarla” da Hamas. L’esercito ha ricevuto l’ordine di “smantellare le ultime due roccaforti del gruppo terroristico” a Gaza City e nei campi centrali della Striscia, inclusa la zona umanitaria di Mawasi. Netanyahu ha assicurato che l’operazione inizierà in tempi brevi, ma permettendo ai civili di lasciare in sicurezza le aree di combattimento e raggiungere zone sicure designate, dove riceveranno cibo, acqua e cure mediche. Ha anche annunciato l’apertura di nuovi corridoi sicuri e siti di distribuzione degli aiuti attraverso la Gaza Humanitarian Foundation.
Accuse reciproche e allarme umanitario
Le dichiarazioni di Netanyahu sono state immediatamente contestate da Hamas, che ha definito le sue affermazioni “una serie di bugie”. Contemporaneamente, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito a New York per discutere del piano israeliano, definito “l’ennesima pericolosa escalation” che rischia di aggravare una catastrofe umanitaria già di “dimensioni inimmaginabili”.
Netanyahu ha ribadito che la politica di Israele è stata quella di scongiurare una crisi umanitaria, accusando Hamas di sabotare e saccheggiare le derrate alimentari. Ha affermato che Israele ha distribuito “2 milioni di tonnellate di aiuti” dall’inizio della guerra, accusando l’ONU di non averli voluti consegnare e i media internazionali di aver creduto alla propaganda di Hamas. Ha anche ventilato la possibilità di fare causa al New York Times per aver pubblicato la foto di un bambino di Gaza malato, sostenendo che fosse denutrito a causa del blocco degli aiuti da parte di Israele. Netanyahu ha mostrato la foto dell’ostaggio Evyatar David, fortemente dimagrito e chiuso in un tunnel di Hamas, affermando che “gli unici che stanno deliberatamente morendo di fame sono i nostri ostaggi”.
Il futuro di Gaza e le reazioni internazionali
Netanyahu ha dichiarato che il nuovo piano militare è “il modo più rapido per porre fine alla guerra”. Ha aggiunto che, dopo la fine del conflitto, la Striscia sarà governata “da un’amministrazione civile pacifica e non israeliana”, che non sarà “né Hamas né l’Autorità nazionale palestinese”.
Alla domanda sulla decisione della Germania di sospendere l’invio di armi a Israele, Netanyahu ha risposto che il cancelliere Friedrich Merz “è un amico, ma ha ceduto alle pressioni” di vari gruppi e delle fake news. Si è detto sicuro che Israele “vincerà la guerra con o senza il sostegno degli altri”.
Tuttavia, l’operazione suscita forti opposizioni anche in Israele, con decine di migliaia di persone che hanno manifestato a Tel Aviv e Gerusalemme. I familiari degli ostaggi, temendo per la vita dei loro cari ancora prigionieri, hanno indetto uno sciopero generale per domenica prossima per bloccare il Paese e dire “Basta guerra”.
Un conflitto complesso e dalle conseguenze incerte
La nuova offensiva israeliana a Gaza si inserisce in un contesto estremamente delicato e complesso. Da un lato, è comprensibile la determinazione di Israele a difendere la propria sicurezza e a neutralizzare la minaccia rappresentata da Hamas. Dall’altro, è impossibile ignorare le conseguenze umanitarie di un’operazione militare su vasta scala in un territorio densamente popolato come la Striscia di Gaza. La comunità internazionale è chiamata a fare tutto il possibile per favorire un cessate il fuoco immediato e per garantire l’accesso agli aiuti umanitari alla popolazione civile, che sta pagando un prezzo altissimo in questo conflitto.
