La svolta nelle indagini: l’impronta dei jeans
Un colpo di scena emerge dalle indagini sul caso di Liliana Resinovich, la donna trovata senza vita a Trieste. L’impronta “guantata” rinvenuta su uno dei sacchi neri che contenevano il suo corpo, a lungo ritenuta una possibile prova del coinvolgimento di terzi, è stata identificata come la trama dei jeans che la stessa Resinovich indossava. A questa conclusione è giunto il Gabinetto interregionale del Triveneto di polizia scientifica di Padova, incaricato dalla Procura di Trieste di effettuare ulteriori accertamenti dopo che il GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) aveva respinto la richiesta di archiviazione del caso.
L’esame comparativo e l’esperimento
Il GIP Luigi Dainotti aveva richiesto espressamente un “esame comparativo tra l’impronta guantata in trama di tessuto e i guanti utilizzati dagli operatori”, al fine di escludere o confermare l’intervento di altre persone nella manipolazione dei sacchi che coprivano il cadavere. L’analisi ha escluso la compatibilità tra la trama dell’impronta e quella del guanto sinistro rinvenuto nei pressi del corpo. Successivamente, è stato condotto un esperimento utilizzando i jeans della vittima e campioni di sacchi per immondizia simili a quelli rinvenuti sulla scena del crimine. Ricreando le condizioni ambientali e utilizzando adesivi istantanei, gli esperti sono riusciti a riprodurre “impronte a trama regolare simili e confrontabili con quella evidenziata sul sacco che ricopriva gli arti inferiori” di Liliana Resinovich.
Verifiche sulla Go Pro del marito: nessun elemento nuovo
Parallelamente, sono state eseguite ulteriori verifiche sulla Go Pro che Sebastiano Visintin, marito di Liliana e unico indagato per la morte della donna, aveva montato sulla sua bicicletta. La videocamera aveva ripreso il percorso compiuto dall’uomo dalle 12:16 alle 13:33 del giorno della scomparsa della moglie. Secondo il Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia postale del Friuli Venezia Giulia, le coordinate GPS di inizio dei video, che costituiscono una parte importante dell’alibi di Visintin, sono “in accordo con le immagini riprese dalla videocamera e gli orari dei file trovano riscontro con quanto dichiarato da Visintin e con quanto riportato dalla minuziosa ricostruzione effettuata dal personale della Squadra Mobile”.
Un passo avanti verso la verità, ma il mistero rimane
La nuova analisi scientifica rappresenta un passo avanti significativo verso la chiarezza nel caso Resinovich, escludendo l’ipotesi dell’intervento di terzi nella manipolazione del corpo. Tuttavia, il mistero sulla dinamica della morte di Liliana Resinovich rimane irrisolto. Mentre l’alibi del marito sembra essere confermato dalle indagini, restano ancora interrogativi aperti sulle circostanze che hanno portato alla tragica fine della donna. Saranno necessari ulteriori approfondimenti per fare piena luce su questa vicenda.
