La decisione della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza significativa riguardante l’articolo 385, terzo comma, del codice penale, che disciplina il reato di evasione. La Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in merito alla distinzione tra la posizione dell’indagato e quella dell’imputato che si sottraggono agli arresti domiciliari.

Il nodo della questione: la distinzione tra indagato e imputato

La questione di legittimità costituzionale nasceva dall’interpretazione dell’articolo 385 c.p., che, nella sua formulazione, sembrava riferirsi esclusivamente all'”imputato” evaso dagli arresti domiciliari, lasciando spazio a dubbi sulla punibilità dell'”indagato” nella medesima situazione. Il giudice remittente contestava questa apparente disparità di trattamento, ritenendola potenzialmente lesiva del principio di legalità sancito dalla Costituzione.

Le motivazioni della Corte

La Corte Costituzionale ha respinto la questione, basando la sua decisione su un’analisi storica e sistematica della norma. I giudici hanno sottolineato che, all’epoca della formulazione del terzo comma dell’articolo 385 c.p. (modificato dalla legge n. 532 del 1982), il legislatore poteva fare riferimento solo alla nozione di “imputato” prevista dal codice di procedura penale del 1930, allora vigente.
In quel contesto normativo, la figura della persona sottoposta alle indagini preliminari, distinta dall’imputato, era sconosciuta. “Imputato” era, infatti, colui che risultava indiziato di reità in qualsiasi fase del procedimento, comprese le indagini.
Pertanto, secondo la Corte, il termine “imputato” utilizzato nella disposizione censurata include, al di là del nomen attribuito dal nuovo codice di procedura penale, anche il soggetto che oggi definiamo “indagato”. Di conseguenza, la Corte ha concluso che non vi è alcuna lesione del principio di legalità nell’applicazione corrente della disposizione, che punisce sia l’imputato che l’indagato evasi dagli arresti domiciliari.

Implicazioni della sentenza

La sentenza della Corte Costituzionale chiarisce definitivamente che la punibilità per il reato di evasione non dipende dalla qualifica formale di “indagato” o “imputato”, ma dalla sostanza della situazione: chiunque si sottragga agli arresti domiciliari, indipendentemente dalla fase del procedimento penale in cui si trova, è passibile di sanzione ai sensi dell’articolo 385 c.p.
Questa interpretazione garantisce l’uniformità di trattamento e la coerenza del sistema penale, evitando disparità che potrebbero compromettere l’efficacia delle misure cautelari e la tutela dell’ordine pubblico.

Considerazioni finali

La decisione della Corte Costituzionale appare condivisibile, in quanto mira a garantire l’effettività della misura cautelare degli arresti domiciliari, evitando interpretazioni formalistiche che potrebbero minare la sua efficacia. L’equiparazione tra indagato e imputato in caso di evasione appare coerente con la ratio della norma, che è quella di impedire la sottrazione alla giustizia di soggetti sottoposti a restrizioni della libertà personale.

Di veritas

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