Un’esperienza immersiva e totalizzante: ‘Surrogate Cities’ al Ravenna Festival
Un’esperienza immersiva e totalizzante, ma alla fine liberatoria: tutto questo si coglie all’ascolto – o, sarebbe più appropriato dire, alla partecipazione – di ‘Surrogate Cities’ (letteralmente, ‘Città surrogate’) di Heiner Goebbels, un’opera work in progress che il compositore tedesco va costruendo, aggiungendo via via elementi o togliendone altri, da più di trent’anni. L’opera ha trovato una nuova e vibrante espressione al Teatro Alighieri, nell’ambito del Ravenna Festival, confermando la sua capacità di evolvere e sorprendere.
Andrea Molino: architetto del suono per ‘Surrogate Cities’
Compagno di viaggio di molte delle tappe del percorso fin qui compiuto dall’opera, è stato il compositore e direttore d’orchestra Andrea Molino che anche ieri sera al Teatro Alighieri ha contribuito in maniera determinante alla edificazione di quello che può essere definito un vero e proprio grattacielo sonoro fatto di differenti piani, ognuno con una sua specifica caratteristica: dal barocco (una Suite per campionatore e orchestra), al jazz fino ai finali accenni di rap danzato. “Non ritratti di una città reale, ma la spina dorsale della sua struttura: angoli, colonne, muri, facciate”, ha scritto l’autore, Heiner Goebbels, che della rappresentazione è sempre anche regista, scenografo e light designer.
La complessità della partitura e l’eccellenza degli interpreti
Goebbels ha composto una partitura che richiede un’orchestra di grandi dimensioni dove soprattutto alla sezione delle percussioni è richiesto un impegno particolare. Gli 8 numeri che costituiscono ‘Surrogate Cities’ (nel tentativo di avvicinarsi al fenomeno città da diversi punti di vista) si basano anche su testi di Paul Auster, Hugo Hamilton, Italo Calvino, Heiner Müller, dai quali Goebbels si è lasciato sedurre e le cui citazioni diventano parte integrante dell’opera. Per questo, oltre all’impiego degli strepitosi e flessibili strumentisti dell’Orchestra Giovanile Cherubini (il complesso sinfonico fondato da Riccardo Muti che ha da poco compiuto 20 anni di vita), ‘Surrogate Cities’ ha necessitato di una voce recitante (quella di John De Leo dei Quintorigo), di una cantante (il mezzosoprano statunitense Aurore Ugolin), di un saxofonista (Alípio Carvalho Neto) e di un ballerino/rapper (Jack Bruce).
Un contrasto narrativo intrigante: l’Alighieri e l’estetica industriale
La scelta del Teatro Alighieri come sede della rappresentazione ha poi accentuato il contrasto tra l’architettura ottocentesca del luogo e i riferimenti odierni del progetto, che si potrebbero definire “industriali”, creando una sorta di contrappunto narrativo particolarmente intrigante. Il pubblico ha risposto con un successo incondizionato, tributando ovazioni agli interpreti e allo stesso Goebbels, presente in sala.
Un’opera in continua evoluzione che sfida le convenzioni
Surrogate Cities’ di Heiner Goebbels si conferma un’opera di straordinaria rilevanza nel panorama musicale contemporaneo. La sua natura work in progress, la capacità di integrare diverse forme espressive e la profonda riflessione sulla complessità urbana la rendono un’esperienza artistica unica e stimolante, capace di coinvolgere il pubblico in un dialogo continuo tra passato e presente.
