Un omaggio a Shakespeare e ai giovani perduti

Uno spettacolo di blu, rosso e oro, uno spettacolo che evocando Shakespeare celebra la grande festa del teatro tra gioia e dramma per l’uomo, questo Hamlet’s Clouds – Le nuvole di Amleto, uno dei titoli di punta della Biennale Teatro e ultimo lavoro di Eugenio Barba alla vigilia di compiere 89 anni col suo Odin Teatret, fondato nel 1964 in Danimarca, dopo la frequentazione di Jerzy Grotowski e poi un viaggio in India.
Il lavoro è dedicato a Hamlet, figlio di Shakespeare morto a 11 anni, e “a tutti i giovani senza futuro”, che come Amleto, che porta il suo stesso nome, non si riconoscono nel proprio mondo, prigionieri insofferenti del proprio ruolo, che nel suo caso è quello di aver avuto l’incarico di vendicarlo dal padre, Re di Danimarca, avvelenato dal fratello che è diventato amante della madre e ex moglie dell’ucciso.

Un mago shakespeariano guida lo spettatore

Così con quella dedica e la morte del ragazzo si apre lo spettacolo narrato da una sorta di mago, di Prospero della Tempesta o forse lo stesso Shakespeare (Julia Varley) con in mano il volume dei suoi lavori teatrali, aperto uno specchio (del mondo), il quale introduce i personaggi, l’usurpatore Claudio e la regina Gertrude (interpretati da Ulrik e Rina Skeel) come prigionieri del proprio corpo, della loro attrazione erotica, cui fanno da contraltare la leggerezza e inquietudine di Amleto e Ofelia (Jakob Nielsen e Antonia Cioaza, recenti acquisizioni dell’Odin), quasi vittime sacrificali delle loro illusioni.

Un contrasto tra fisicità e leggerezza

Da una parte la fisicità e la colpa, dall’altra la leggerezza e voglia di vivere; da una parte amplessi quasi rabbiosi e dall’altra danze e sentimenti, da una parte le parole e dall’altra le nuvole, quelle che Amleto e Polonio guardano mutare forma in cielo, e che sono finite nel titolo di questa rilettura, di questa elaborazione dell’eredità che i padri lasciano ai figli in una realtà in cui c’è puzza di marcio e è pazzo Amleto o è pazzo tutto il mondo. Così c’è un fazzoletto rosso che torna più volte, per asciugare le lacrime e ricordare il sangue, e il “To be or not to be” che diventa cantilena ossessiva che Ofelia canta a Amleto, per il quale il “dormire, forse sognare” si trasforma in incubo.

Un mix di stili e influenze

Uno spettacolo quindi che va oltre Shakespeare e lo porta tra la commedia dell’arte e la festa popolare con echi tzigani e orientali, specie nei costumi, tutto basato sul ritmo con canto e musica senza momenti di pausa, nemmeno quando appaiono i video col volo di un grande uccello, un grande gufo dalle ali spiegate, con la sua leggerezza inquietante. Tutto proposto in un palcoscenico lungo centrale con il pubblico ai due lati, quasi la vicenda gli scorresse davanti e assieme vicina tanto da sfiorarlo e farlo sentire coinvolto nel gioco di contrasti di dolcezza che diventa atto violento, il grottesco che si fa tragedia, la leggerezza imprigionata dal corpo, la malinconia e il rimpianto finali per la morte di Hamnet/ Amleto.

Un’esperienza coinvolgente e misteriosa

Un lavoro coinvolgente e misterioso, chiaro e oscuro, arcaico nei riti e moderno nel rapporto dei personaggi con la propria coscienza, sfolgorante, vitale sino a ricordare come Shakespeare finì di scrivere la sua tragedia i 14 agosto 1601 e invitare gli spettatori a accogliere ciò cui hanno assistito con la benevolenza che ebbero allora la regina Elisabetta e il pubblico del Globe Theatre, prima di sparire tutti dietro le quinte e non riapparire più, come è abitudine dell’Odin, senza rispondere ai lunghi e calorosi applausi che vorrebbero richiamarli in scena.

Un’opera che sfida il tempo

‘Hamlet’s Clouds’ di Eugenio Barba si presenta come un’opera complessa e stratificata, capace di dialogare con il classico shakespeariano attraverso un linguaggio scenico contemporaneo e multiculturale. La dedica ai giovani senza futuro aggiunge un ulteriore livello di profondità, trasformando lo spettacolo in una riflessione sulla condizione umana e sulla difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo.

Di euterpe

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