Il gesto provocatorio in tribunale
Con un sorriso stampato sul volto e indossando una maglietta raffigurante Ai Weiwei, Vaclav Pisvejc si è presentato al Tribunale di Bologna facendo il segno della vittoria. Lo stesso gesto è stato ripetuto dopo la condanna, mentre veniva scortato dalla polizia penitenziaria verso il carcere di Firenze.
La condanna e le dichiarazioni spontanee
Il tribunale ha inflitto a Pisvejc una condanna a 1 anno e 4 mesi per distruzione di beni culturali o paesaggistici. Durante il processo, il pittore ceco ha rilasciato dichiarazioni spontanee, spiegando di aver incontrato Ai Weiwei il giorno precedente alla mostra e di aver distrutto l’opera il 20 settembre 2024 per “perorare la sua causa”. Pisvejc ha affermato di voler denunciare la condizione di dissidente di Ai Weiwei e “rendere la sua storia popolare”, ma le sue parole non sono riuscite a mitigare la condanna.
L’atto vandalico durante il vernissage
L’opera distrutta, intitolata ‘Porcelain cube’ e valutata 260mila euro, era esposta a Palazzo Fava durante il vernissage della mostra ‘Who am I?’. Pisvejc, noto per precedenti intemperanze (nel 2018 ruppe un quadro in testa a Marina Abramović), si è scagliato contro l’installazione, riducendola in frantumi. Immediatamente bloccato, è stato consegnato alle autorità e portato in Questura.
Un gesto di protesta controverso
La vicenda solleva interrogativi complessi sul rapporto tra arte, attivismo e responsabilità penale. Mentre alcuni potrebbero interpretare il gesto di Pisvejc come una forma estrema di protesta artistica a sostegno di Ai Weiwei, la distruzione di un’opera d’arte di valore rimane un atto vandalico che non può essere giustificato. La condanna riflette la necessità di bilanciare la libertà di espressione con il rispetto per il patrimonio culturale.
