La sentenza della Corte d’Appello di Roma

La Corte d’Appello di Roma ha emesso una sentenza di otto pagine che mette in discussione il cuore del protocollo Italia-Albania per la gestione dei migranti. La decisione, resa in composizione monocratica, stabilisce che un cittadino straniero trasferito nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in Albania, qualora manifesti la volontà di richiedere protezione internazionale, non può essere trattenuto nella struttura di Gjader e deve essere obbligatoriamente riportato in Italia. La Corte ha sancito l'”inapplicabilità alla fattispecie in esame del Protocollo Italia-Albania”, rifiutando di convalidare il trattenimento.

Il caso specifico: un cittadino marocchino

Il caso che ha portato alla sentenza riguarda un cittadino marocchino presente in Italia dal 2021. L’uomo, con una condanna penale alle spalle risalente al 2023, era stato espulso dalla prefettura di Napoli il 31 marzo. Successivamente, è stato trasferito nel centro albanese l’11 aprile. Durante la sua permanenza nel CPR di Gjader, il cittadino marocchino ha espresso la volontà di presentare domanda di asilo. Questa dichiarazione ha innescato una nuova udienza di convalida, la cui competenza è attribuita ai giudici di Roma per i richiedenti protezione internazionale.

La validità della domanda di protezione internazionale

Nella sentenza, i giudici romani affermano che “la domanda di protezione internazionale formulata sul territorio albanese, equiparato, ai soli fini del Protocollo Italia-Albania e dello svolgimento delle procedure ivi previste, a zone di frontiera o di transito deve considerarsi validamente presentata come richiesta di asilo rivolta allo Stato italiano”.

Il giudice ha inoltre sottolineato che la volontà di richiedere la protezione internazionale è stata manifestata durante il trattenimento nel CPR di Gjader, dove il cittadino straniero è stato condotto “coattivamente, senza il suo consenso”. Pertanto, la domanda deve essere considerata validamente presentata allo Stato italiano, poiché il trasferimento in Albania non ha interrotto la procedura in corso.

Conseguenze della richiesta d’asilo

La Corte d’Appello ha chiarito che la presentazione della domanda di protezione internazionale ha modificato il titolo del trattenimento del cittadino straniero. Non essendo più finalizzato all’esecuzione del rimpatrio, ma allo svolgimento della domanda di asilo, il soggetto non rientra più nelle categorie individuate dal Protocollo Italia-Albania. Di conseguenza, le procedure previste dal protocollo non sono applicabili nel suo caso. La Corte ha concluso che né il Protocollo né la sua legge di ratifica prevedono espressamente il trattenimento di un richiedente asilo nel CPR di Gjader.

Implicazioni politiche e legali

La sentenza della Corte d’Appello di Roma rappresenta un duro colpo per l’accordo tra Italia e Albania, sollevando seri dubbi sulla sua compatibilità con le normative internazionali in materia di asilo. La decisione potrebbe aprire la strada a ulteriori ricorsi e contestazioni legali, mettendo a rischio l’attuazione del protocollo e generando nuove tensioni politiche tra i due paesi.

Riflessioni sulla sentenza

La sentenza della Corte d’Appello di Roma evidenzia le complesse implicazioni legali e umanitarie del protocollo Italia-Albania. Pur riconoscendo la necessità di gestire i flussi migratori, è fondamentale garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo e l’accesso a procedure di protezione internazionale eque e trasparenti. La decisione della Corte impone una riflessione approfondita sull’equilibrio tra sicurezza nazionale e tutela dei diritti umani nel contesto delle politiche migratorie.

Di veritas

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