Un interrogativo profondo: ‘Perché loro e non io?’
Al termine della visita al carcere romano di Regina Coeli, Papa Francesco ha condiviso con i giornalisti un interrogativo che lo accompagna ogni volta che varca le soglie di un istituto penitenziario: “Ogni volta che entro in un posto come questo mi domando perché loro e non io”. Una riflessione che sottolinea l’umiltà e l’empatia del Pontefice verso chi vive in condizioni di detenzione.
La tradizione della lavanda dei piedi e la vicinanza ai detenuti
Papa Francesco ha espresso il suo desiderio di continuare la tradizione della lavanda dei piedi, un gesto simbolico che rievoca l’Ultima Cena di Gesù. “A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, in carcere”, ha dichiarato. Quest’anno, pur non potendo compiere il rito, ha voluto comunque manifestare la sua vicinanza ai detenuti: “Quest’anno non posso farlo, ma posso e voglio essere vicino a voi. Prego per voi e per le vostre famiglie”.
Un momento di preghiera e saluto individuale
Durante la visita, il Papa ha partecipato a un momento di preghiera nella Rotonda del carcere, seguito da un saluto individuale a ciascuno dei detenuti. Un gesto di attenzione e umanità che ha permesso al Pontefice di entrare in contatto diretto con le storie e le sofferenze di chi vive dietro le sbarre. La visita si è conclusa con la recita del Padre Nostro e la benedizione impartita ai presenti.
Una Pasqua di riflessione
La visita al carcere di Regina Coeli, durata circa 30 minuti, ha segnato profondamente Papa Francesco, che si appresta a vivere una Pasqua di riflessione e preghiera, portando nel cuore le storie e le speranze dei detenuti incontrati.
Un messaggio di speranza e umanità
La visita di Papa Francesco al carcere di Regina Coeli rappresenta un potente messaggio di speranza e umanità. Il suo interrogativo, “Perché loro e non io?”, invita a una riflessione profonda sulla giustizia, la responsabilità sociale e la necessità di non dimenticare chi vive ai margini della società. La sua vicinanza ai detenuti, espressa attraverso la preghiera e il saluto individuale, testimonia l’importanza di un approccio umano e compassionevole verso chi ha sbagliato e cerca una via di redenzione.