Dettagli dell’arresto e delle accuse
Personale della Squadra mobile di Reggio Calabria ha eseguito un’ordinanza del Gip, su richiesta della Dda reggina, arrestando un uomo con le pesanti accuse di estorsione e rapina, aggravate dal metodo mafioso. L’arresto è il risultato di un’indagine approfondita riguardante le minacce e le intimidazioni subite da un’impresa edile impegnata in lavori di ristrutturazione ad Africo.
Contesto dei fatti: Lavori su un bene confiscato
L’impresa edile era stata incaricata di ristrutturare un immobile confiscato alla ‘ndrangheta, con l’obiettivo di trasformarlo in una struttura di accoglienza per le vittime di violenza. Questo progetto, di grande valore sociale e simbolico, è stato ostacolato dalle azioni criminali dell’arrestato.
Le minacce e l’estorsione
I fatti risalgono all’ottobre scorso, quando l’imprenditore e i suoi operai sono stati costretti ad abbandonare il cantiere e a lasciare Africo a causa delle continue minacce e richieste di denaro avanzate dall’uomo. Le minacce sono state poste in essere avvalendosi dei metodi intimidatori tipici della criminalità organizzata, creando un clima di terrore e paralizzando i lavori.
Sviluppo delle indagini
Le indagini, coordinate dalla Dda, sono state avviate dalla Squadra mobile in seguito alla denuncia dell’imprenditore. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire l’intera vicenda a partire dal luglio dello scorso anno, quando l’impresa ha avviato i lavori di ristrutturazione dell’immobile appaltati dal Comune di Africo.
Modalità dell’estorsione
Secondo l’accusa, l’indagato avrebbe inizialmente avvicinato gli operai offrendo loro la locazione di un immobile a un prezzo vantaggioso, per poi triplicare la richiesta di denaro. Dopo aver lasciato l’abitazione, gli operai sono stati costretti a cercare alloggio in un paese vicino, poiché nessuno ad Africo avrebbe offerto loro una soluzione alternativa. Inoltre, si sono verificati piccoli furti nel cantiere e difficoltà nello smaltimento degli inerti, con l’unica ditta disponibile che adduceva scuse per rinviare l’inizio dei lavori.
Il culmine delle minacce
Nel settembre scorso, l’uomo avrebbe prelevato di notte e senza alcun accordo il materiale di risulta dal cantiere, pretendendo poi dall’imprenditore il pagamento di 5.000 euro per il servizio reso, una cifra sproporzionata rispetto al lavoro eseguito e senza fornire la documentazione prevista per lo smaltimento dei rifiuti. L’accusa contesta anche che, dopo diverse minacce, anche con l’esibizione di una pistola, gli operai sono stati costretti a scaricare materiale e attrezzatura del cantiere in una campagna di proprietà dell’indagato e a lasciare immediatamente il cantiere.
Recupero della refurtiva e supporto all’imprenditore
Al termine delle attività, gli agenti della Polizia hanno recuperato parte della refurtiva. L’imprenditore è stato immediatamente supportato dai referenti dell’Associazione antiracket di Reggio Calabria, al fine di portare a termine i lavori di ristrutturazione. Questo supporto è fondamentale per garantire che il progetto possa essere completato nonostante le intimidazioni subite.
Riflessioni sull’importanza della legalità e del supporto alle vittime
Questo episodio evidenzia la persistenza della presenza mafiosa nel territorio calabrese e l’importanza di contrastare ogni forma di intimidazione e racket. Il supporto fornito all’imprenditore dall’Associazione antiracket è un segnale positivo, dimostrando che è possibile reagire e denunciare. È fondamentale che le istituzioni e la società civile continuino a lavorare insieme per garantire la legalità e proteggere chi si impegna per il bene comune, soprattutto in progetti di tale rilevanza sociale come la creazione di una struttura per le vittime di violenza.
