
Gli esordi nel Super 8: un cinema artigianale e autarchico
Nanni Moretti ha iniziato il suo racconto partendo dagli esordi con il Super 8, un formato che oggi potrebbe sembrare preistorico, ma che all’epoca rappresentava una vera e propria palestra per i giovani cineasti. “Oggi è più facile fare cinema”, ha commentato Moretti, ricordando come con il Super 8 si girasse senza negativi, “era come una Polaroid”. Ma la vera sfida era far vedere i propri lavori. Moretti ha rievocato un episodio emblematico: “Nel ’73, andai alle Giornate degli Autori, a Venezia, vicino San Marco, a portare cortometraggi. Dopo averli fatti vedere dissi che ero disponibile a ricevere domande, ma non si presentò nessuno. Da quel trauma è nata la frase di ‘Io sono un autarchico’: ‘No il dibattito no'”.
In quegli anni, tre elementi erano fondamentali per Moretti: parlare del proprio ambiente, prenderlo in giro (e quindi anche se stesso) e non limitarsi a stare dietro la cinepresa, ma mettersi in gioco anche davanti, “più che come attore come persona”. Questi principi hanno plasmato il suo stile inconfondibile, fatto di autoironia, sguardo critico sulla società e una forte presenza personale nei suoi film.
La regia: tra ispirazione e sperimentazione
Parlando della regia, Moretti ha sottolineato come il suo lavoro di spettatore abbia profondamente influenzato le sue scelte artistiche. “Ho voluto sempre fare i film che mi piacevano”, ha affermato, rivelando di aver guardato inizialmente ai fratelli Taviani e alla loro macchina da presa fissa, ma di aver amato anche un regista distante come Carmelo Bene. Questa apertura a diverse influenze dimostra la sua volontà di sperimentare e di non fossilizzarsi in un unico stile.
La scrittura: dal solismo alla collaborazione
Un altro aspetto significativo del percorso di Moretti è l’evoluzione del suo approccio alla scrittura. “Inizialmente scrivevo da solo e mi veniva facile, oggi non mi va più di fare da solo la sceneggiatura”, ha confessato. La svolta è avvenuta con ‘La stanza del figlio’, quando ha scoperto “l’avventura umana che è scrivere un film con altre persone”. Da allora, ha sempre collaborato con altri sceneggiatori, arricchendo il suo lavoro con nuove idee e prospettive.
L’equivoco dell’identificazione personaggio-autore
Moretti ha poi affrontato un tema delicato, ovvero la tendenza del pubblico a identificare le opinioni dei suoi personaggi con il suo pensiero personale. “Molto spesso tante persone tendano a identificare quello che dicono i miei personaggi con quello che penso davvero io”, ha spiegato. Per chiarire questo punto, ha citato l’esempio di ‘Caro diario’, quando dice “Io sono il più grande”, specificando di star solo citando Mohamed Ali. Questa precisazione sottolinea la sua capacità di creare personaggi complessi e sfaccettati, che non sono semplici portavoce delle sue idee, ma individui con una propria autonomia e coerenza.
Un autore che si mette a nudo
L’incontro con Nanni Moretti al Bif&st è stato un’occasione preziosa per ripercorrere la carriera di un autore che ha saputo raccontare l’Italia e gli italiani con uno sguardo lucido, ironico e profondamente umano. La sua capacità di mettersi in gioco, di sperimentare e di evolvere nel tempo lo rende una figura imprescindibile del cinema italiano contemporaneo. La sua lezione più importante è forse quella di non prendersi troppo sul serio e di continuare a guardare il mondo con curiosità e spirito critico.