
Le dichiarazioni spontanee di Shabbar Abbas
In un’udienza carica di tensione emotiva, Shabbar Abbas, padre di Saman Abbas e condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della figlia, ha rilasciato dichiarazioni spontanee in Corte d’assise d’appello. Con voce ferma, ha proclamato la sua innocenza e quella della moglie, affermando: “Voglio precisare che non siamo stati noi genitori a uccidere nostra figlia. Abbiamo fatto molta fatica a crescere i nostri figli. Ho forte dolore, dal momento in cui l’ho scoperto fino ad oggi. Lo avrò per tutta la vita”.
La ricostruzione degli eventi secondo l’imputato
Abbas ha continuato il suo racconto, cercando di ricostruire gli eventi della notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021, quando Saman scomparve tragicamente. “Come ha detto mia moglie noi uscimmo di casa, lei (Saman) andò nella strada, era buio, non abbiamo visto nulla”, ha aggiunto, parlando in pachistano e affidandosi a un interprete per la traduzione. La sua versione dei fatti dipinge un quadro confuso, in cui la famiglia si sarebbe trovata all’oscuro di quanto stava accadendo alla giovane Saman.
La chiamata dal bagno e l’intervento di Danish
Un dettaglio cruciale emerso dalle dichiarazioni di Abbas riguarda una presunta chiamata di Saman, effettuata dal bagno poco prima della sua scomparsa. “Pochi momenti prima c’era stata una chiamata di Saman, che aveva fatto dal bagno: ha detto ‘vieni a prendermi’. Pensavo fosse il ragazzo con cui stava e per quello chiamai Danish per dirgli: fatevi trovare per dargli una lezione, ma non picchiatelo troppo”, ha spiegato l’imputato, riprendendo un racconto già fornito durante il processo di primo grado a Reggio Emilia. Secondo Abbas, il suo intento era solo quello di dare una “lezione” al ragazzo, non di arrecargli un danno grave.
La partenza per il Pakistan
Abbas ha concluso il suo intervento ribadendo di non aver assistito ad alcuna violenza e di essere partito per il Pakistan la mattina successiva, ignaro della sorte di Saman. “Uscii di casa per vedere che non facessero qualcosa di grave, ma non ho visto nessuno, non ho sentito nessuna voce. La mattina dopo chiesi a Danish cosa avevano fatto col ragazzo, mi dissero che non avevano fatto niente, non erano neanche venuti sul posto”. Poi “siamo partiti per il Pakistan”.
Un quadro ancora incompleto
Le dichiarazioni di Shabbar Abbas, pur offrendo una nuova prospettiva sugli eventi, non chiariscono completamente i punti oscuri della vicenda. Restano ancora molte domande senza risposta, e la Corte d’assise d’appello dovrà valutare attentamente tutte le prove per accertare la verità sulla morte di Saman Abbas. La ricerca della giustizia per Saman continua, in un contesto di dolore e incertezza.